Lavoro, incentivi per chi fa e crea impresa

Più che di occupabilità, l’Italia oggi ha bisogno di occupazione vera e propria, impegnando le risorse del Recovery Plan per incentivare chi fa impresa e crea così nuovi posti di lavoro.

Più che di occupabilità, l’Italia oggi ha bisogno di occupazione vera e propria, impegnando le risorse del Recovery Plan per incentivare chi fa impresa e crea così nuovi posti di lavoro. Ne è convinto Olimpio Stucchi, managing partner di Uniolex – Stucchi & Partners.

Uno dei temi chiave, nei prossimi mesi, sarà quello dello sviluppo delle politiche attive in Italia. A suo avviso, le misure contenute nel Recovery Plan, o che comunque ha in mente di attuare il ministero del lavoro, sono adeguate per il reinserimento dei lavoratori?
A mio avviso, non proprio e meriterebbero ulteriori tarature. Vi sono però alcuni vincoli preliminari che conviene spiegare. Il PNRR è, infatti, un programma di misure di sostegno (RFF, programma React Eu, Fondo complementare) strutturato su specifici obiettivi predefiniti in sede comunitaria, i quali riguardano principalmente macrotemi infrastrutturali di sistema da attuare all’interno delle singole nazioni (digitalizzazione/innovazione, transizione green, mobilità, istruzione, inclusione e coesione, salute). Fra queste tematiche di grande impatto epocale, sono state inserite anche le politiche per il lavoro, nell’ambito della Missione 5 relativa a Inclusione e Coesione (M5C1).
L’intervento dei fondi del PNRR, rispetto a questo tema, dovrà perciò operare con questa angolatura e logica di fondo, vale a dire per attuare investimenti di risorse verso infrastrutture funzionali alla inclusione dei lavoratori. Si tratta, però, come appare ovvio, di un approccio parziale che si concentra su un pro quota della più ampia filiera di problemi inerenti la materia “disoccupazione/ingresso-rientro nel lavoro”, e che non affronta e lascerà irrisolti moltissimi dei nodi esistenti in Italia. Penso, ad esempio, al tema della riforma integrale degli ammortizzatori sociali e dei sussidi di disoccupazione (o di RdC) oppure della revisione degli strumenti di incontro offerta/domanda di lavoro, che però non potevano essere affrontati nella sede o in conseguenza del PNRR. Fatte queste precisazioni, risulta abbastanza agevole comprendere che l’intervento del PNRR ed i relativi fondi finiranno per cadere su schemi già utilizzati o a vantaggio di strutture già esistenti, il cui operato non ha dato buoni frutti nel corso degli anni. Ed è perciò che si può dubitare della bontà/efficacia degli interventi che verranno realizzati con i fondi del PNRR, poiché il sistema pubblico delle politiche del lavoro non ha mai risultati positivi, e questo anche dopo la creazione di Anpal, come ammesso nei giorni scorsi dall’ex presidente di Anpal in un intervento sulla stampa specializzata. Possiamo, quindi, solo sperare che, in sede di attuazione, si muti la rotta, ad esempio ricordando che l’unica esperienza positiva realizzata negli anni risiede sul fronte privatistico, nella creazione delle Agenzie per il lavoro. Sarebbe perciò bene se si iniziasse a pensare di privatizzare i compiti di incontro “domanda/offerta di lavoro”, ovviamente nel più ampio ambito di un generale ripensamento della materia.

In generale, come valuta gli interventi contenuti nel Recovery Plan in materia di lavoro? Siamo di fronte a una vera riforma del lavoro?
No, il PNRR non contiene e neppure consente una riforma per le ragioni anzidette. Per il resto, gli interventi ipotizzati mi paiono diretti a spendere ulteriori danari in strutture o modelli di intervento, che sarebbe meglio superare. Penso, ad esempio, che oggi l’Italia abbia bisogno più che di “Occupabilità” o relativa garanzia, di occupazione vera e propria, e cioè più che di servizi pubblici di profilazione dei lavoratori o di “progettazione professionale”, di posti di lavoro veri, in aziende altrettanto vere. Con questo intendo dire che oggi andrebbe ripensata tutta la filiera di cui dicevo prima e che, se vi sono denari da spendere, andrebbero messi sul lato degli incentivi da erogare a favore di chi fa e crea impresa, e così crea posti di lavoro, redditi di varia natura ed anche tasse per lo Stato. Non a caso, poche misure mi paiono appropriate, ed una è il Fondo nuove competenze e la sua struttura, ove il pubblico paga le ore di lavoro spese in formazione; peccato che valga solo per chi è già occupato, in una Italia con oltre 10 milioni di disoccupati. Ve ne è poi una seconda, che è il Sistema Duale scuola-lavoro, il quale però andrebbe posto nella sua corretta posizione, nella Missione 4, in uno con la riforma ed il potenziamento degli ITS. Concludo, infine, dicendo che non condivido l’inserimento fra le politiche per il lavoro del finanziamento di 650 milioni di euro a favore del cd Servizio Civile Universale, il quale è un titolo che nulla ha a che spartire con la materia, tanto che oggi un istituto similare è finanziato con i fondi della Cooperazione in capo al Ministero degli Affari Esteri.

Quali sono i punti che a suo avviso restano “scoperti” rispetto agli interventi messi in campo dal Recovery Plan?
Purtroppo, i punti scoperti restano molti ed alcuni sono già stati indicati. A mio avviso, comunque, una riforma che speri di essere efficace deve riconsiderare in un tutt’uno l’uscita dal mondo del lavoro, le misure di sostegno alla disoccupazione e la fase di ingresso/rientro nel mondo del lavoro. A questo proposito, vedrei con favore la privatizzazione di quest’ultima fase, anche mediante la concessione di esercizio di attività pubblica, e l’attuazione di strumenti contrattuali più agili per l’ingresso/rientro al lavoro, diversi dal vetusto e rigido apprendistato. Penso ad esempio al recupero delle esperienze in materia di contratti di formazione e lavoro, ai quali poi aggiungere un pacchetto di incentivi pubblici alle aziende (purtroppo da negoziare in sede UE), in termini di quote di salario a carico della mano pubblica e di decontribuzione, oltre che in termini di fiscalità di favore per il lavoratori. L’Italia, il mondo delle imprese e del lavoro hanno urgentissima necessità di misure shock, anche contro o oltre i parametri sin qui usati.

La materia del lavoro resterà uno dei temi chiave per il Paese nei prossimi mesi, per questo Le Fonti Legal monitorerà costantemente l’argomento con molteplici approfondimenti. Quali saranno a suo avviso le prossime evoluzioni? Tornerà ad approfondirle nel prossimo Speciale?
La situazione della politica è molto fluida e perciò fare oggi previsioni è davvero arduo. Una cosa però mi pare certa, con la corsa che l’attuale governo ha dovuto fare per presentare un PNRR non impresentabile, ci si è concentrati su altri temi ritenuti più importanti rispetto al lavoro, dove i programmi non paiono aver subito modificazioni di rilievo rispetto all’impianto costruito dal precedente governo. Speriamo vi sia in futuro una ulteriore occasione per dare supporto ed incentivi alle aziende che, facendo impresa vera, creano lavoro, salari, altri redditi e tasse, nell’interesse dell’intero sistema. Magari un giorno potremo parlare di questa prospettiva, ma oggi, ancora no. Nonostante la salvifica presenza del Presidente Draghi.

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