Di assoluto rilievo, all’interno della riforma Cartabia, saranno le misure che lasciano al vaglio dibattimentale completo solo i procedimenti più significativi. Con l’obiettivo di velocizzare le tempistiche della giustizia penale. Lo afferma Guglielmo Giordanengo, titolare dello Studio Giordanengo Avvocati Associati
Su quali branche del diritto penale vi siete concentrati maggiormente in questo 2021?
Il 2021 è stato un anno molto intenso, segnato dalla crisi susseguente al picco della pandemia, con tutte le conseguenze che dalla stessa sono derivate. In ragione di questo, una delle tematiche principali sulle quali si è concentrato lo Studio è stata quella dei risvolti penali delle ristrutturazioni aziendali. Anche da un punto di vista 231/2001 e, più in particolare, nello svolgimento dei ruoli di OdV, è stato necessario concentrare l’attenzione sulle tematiche maggiormente impattate dalla crisi sanitaria: salute e sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento alle misure di contenimento del COVID-19, c.d. computer crimes e corretta gestione dei fondi statali. Altra novità di rilievo è stata la progressiva introduzione tra i c.d. reati presupposto 231 delle fattispecie in materia fiscale, con conseguente necessità di focalizzare l’attenzione anche su tale tematica. Sono convinto che nuove interessanti sfide attendano i penalisti che si occupano della materia aziendale.
È entrata in vigore la Riforma del processo penale. Come commenta l’impianto normativo?
La c.d. riforma Cartabia è un intervento di ampio respiro. Molto si è detto in merito alla riforma della prescrizione, che vira verso una connotazione di forte stampo processuale decisamente legata all’organizzazione giudiziaria, ma occorre evidenziare con estrema chiarezza come siano di assoluto rilievo anche le ulteriori misure, con particolare riferimento a quelle deflattive del dibattimento, finalizzate a velocizzare le tempistiche della giustizia penale, lasciando al vaglio dibattimentale completo solo ed esclusivamente pochi, maggiormente significativi, procedimenti. Altro elemento di rilievo è costituito dalla significativa compressione dei tempi per i gradi di impugnazione, che pare tuttavia più indirizzata all’Autorità Giudiziaria che alle parti, con l’unico, debole, presidio del sistema delle proroghe finalizzato ad evitare l’intasamento legato alla proposizione di impugnazioni con finalità meramente dilatorie. Nel complesso una riforma con una sua ragionevolezza: tuttavia, come sempre, il successo della stessa sarà più che altro legato alla qualità tecnica e umana di chi dovrà in concreto “viverla”, vale a dire magistrati ed avvocati.
Come vede il futuro della professione di avvocato penalista tenuto conto della crisi che sta vivendo la categoria forense, soprattutto in termini di vocazione da parte dei giovani?
Quando si parla di crisi dell’avvocatura occorre, a mio modesto avviso, sottolineare, tra gli altri, un tema di grande rilievo: la mancanza di vere e proprie scuole. Il mestiere di avvocato è un mestiere artigianale, che si può davvero imparare fino in fondo solo ed esclusivamente se c’è qualcuno, un Maestro, disposto ad insegnarlo con le sue parole, ma soprattutto con il suo esempio giorno dopo giorno. Da metà degli anni 90 del secolo scorso si è creata una situazione nella quale il numero di laureati che desideravano accedere alla pratica era diventato di molto superiore al numero di Maestri, portando alla moltiplicazione di giovani che arrivavano ad acquisire il titolo dopo avere svolto la pratica in maniera fittizia o, comunque, del tutto inadeguata. In ragione di ciò, per certi versi, la minore passione mostrata dai giovani laureati per l’attività forense potrebbe avere addirittura un effetto positivo, portando a riequilibrare numericamente la professione e consentendo nuovamente a tutti coloro che davvero desiderano svolgere questo magnifico mestiere di essere portati per mano verso la maturità professionale da una vera guida.