Con le nuove disposizioni sulla crisi di impresa cresce il campo d’azione dell’avvocato: il suo intervento non si limita più alla sola fase giudiziale e di risoluzione della crisi, ma inizia ben prima, con un affiancamento costante nell’attività di prevenzione, monitoraggio e sollecito nell’adempimento degli obblighi in capo all’imprenditore.
A spiegarlo sono Roberto Casucci e Barbara Bortolussi, soci dello Studio Legale Associato Casucci & Bortolussi, che espongono anche la loro visione del nuovo impianto normativo.
Quali sono le novità più significative introdotte dal nuovo Codice?
La principale novità sta nella considerazione della crisi che emerge dal nuovo codice come un fenomeno fisiologico della vita dell’impresa. In quest’ottica viene eliminato il termine fallimento e con esso ogni connotazione di discredito personale dell’imprenditore insolvente.
Nella nuova normativa quello che diventa importante è il tentativo di conservare l’impresa mentre l’imprenditore coinvolto nella crisi passa in secondo piano.
Così la riforma ha introdotto dei sistemi di early warning, allo scopo di consentire la pronta emersione della crisi, nella consapevolezza che il risanamento è tanto più realizzabile laddove la diagnosi dello stato di difficoltà dell’impresa viene fatta precocemente.
Tra le numerose, e a volte radicali, novità introdotte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, queste le più significative: l’obbligo dell’imprenditore di dotarsi di adeguati assetti organizzativi e misure per la tempestiva rilevazione della crisi; la procedura di composizione negoziata volta, di fatto, a sostituire la procedura di allerta prevista nella prima release del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, alla quale è collegato il nuovo istituto del concordato semplificato; l’adozione di un unico modello processale per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale; un nuovo strumento quale il Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione con previsione di soddisfazione dei creditori, suddivisi in classi, anche in deroga agli art. 2740 e 2741 cc e alle disposizioni sulla graduazione delle cause legittime di prelazione; sul concordato preventivo, sono state introdotte modifiche ai meccanismi di funzionamento al fine precipuo di salvaguardare il going concern; una normativa dedicata ai gruppi di imprese per la gestione congiunta della crisi.
Tali novità, ma nel complesso l’intero impianto normativo, vanno viste con favore in quanto dirette ad agevolare prioritariamente la continuità mediante plurimi e flessibili strumenti ristrutturativi.
Qual è il ruolo del consulente nel nuovo scenario aperto dal Codice della crisi e dell’insolvenza?
Il ruolo del consulente deve necessariamente adeguarsi in questo nuovo scenario. Soprattutto alla figura dell’avvocato vede un’implementazione del proprio contributo che non è più solo di assistenza dell’imprenditore nella fase prettamente giudiziale della crisi d’impresa ma, sempre di più, assistiamo ad uno spostamento del suo “campo d’azione” verso un’attività di consulenza continuata allo scopo, innanzitutto, di prevenire i presupposti dell’attivazione degli obblighi di segnalazione dagli organi di controllo o da creditori qualificati, così cooperando nel monitoraggio periodico della situazione debitoria e finanziaria.
In secondo luogo, l’avvocato ha il compito di vagliare e, in caso negativo, sollecitare l’adempimento degli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore. In sintesi, compito primario dell’avvocato di impresa sarà sempre più quello di realizzare una consulenza strategica che accompagni il cliente dalle prime avvisaglie della crisi fino alla sua soluzione.
Qual è il vostro giudizio complessivo in merito al nuovo impianto normativo?
La premessa è scontata: ad una legge nuova non può che essere dato un primo giudizio sommario, considerate anche le difficili circostanze in cui entra complessivamente in vigore.
Sicuramente è positivo il giudizio sull’impostazione generale del codice volto a indicare parametri e strumenti per la pronta individuazione della crisi, essendo noto a chiunque operi nel settore che l’insolvenza conclamata raramente consente il risanamento dell’impresa in continuità.
Per gli Istituti modellati sulla vecchia legge fallimentare (così il concordato preventivo, la liquidazione giudiziale e la normativa penale), le modifiche sono state marginali e volte sostanzialmente alla semplificazione dei procedimenti e alla riduzione dei termini per una celere chiusura della procedura. Sono scopi più che legittimi, ma che non potranno essere ottenuti senza una riforma del processo civile che riduca in modo drastico la durata delle cause.
Quanto agli istituti nuovi, così principalmente alla composizione negoziata e al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, il preliminare giudizio è certamente positivo, in quanto finalizzato a preservare la continuità e risanare l’impresa, obiettivi questi ultimi che hanno sicuramente un valore preminente nell’attuale situazione economica.
Certo non aver dato attuazione alla costituzione di uffici giudiziari specializzati, com’era tra gli obiettivi di fondo della Riforma Rordorf, è un’occasione mancata per concentrare le competenze.
Che tipo di consulenza è offerta dal vostro Studio a un’impresa in stato di sofferenza o crisi?
Il nostro studio vanta un’esperienza ultra trentennale, con l’avvocato Casucci prima e, in seguito al suo ingresso, con l’avvocato Bortolussi, nel campo della crisi d’impresa, avendo svolto e svolgendo attività di consulenza e affiancamento dell’imprenditore sia nell’individuazione dello strumento di regolazione della crisi adeguato al caso concreto sia nell’assistenza (stragiudiziale e/ o giudiziale) in coordinamento con gli altri professionisti della società.
Abbiamo al nostro interno avvocati già iscritti all’albo degli esperti della composizione negoziata della crisi e una sezione specializzata nelle procedure di sovraindebitamento, anche rivolte agli imprenditori agricoli.