Una dimensione artigianale che allo stesso tempo punta verso l’eccellenza professionale: Angelo Zambelli, Founder e Managing Partner di Zambelli & Partners, parla del proprio concetto di boutique professionale.
In che modo la sua realtà professionale incarna il modello Boutique?
Devo confessare che uno Studio come il nostro, se non lo definisci boutique, diventa difficile definirlo in altro modo: tradizionale? Forse. Dopo numerose esperienze professionali che ci hanno fatto “girare” il mondo tra studi internazionali e blasoni nazionali, ritornare ad una dimensione artigianale e recuperare quella propensione quotidiana verso l’eccellenza professionale è stato davvero gratificante. Siamo attualmente una dozzina di professionisti con ancora spazio per crescere. L’atmosfera di uno studio legale, certamente considerato piccolo per gli standard anglosassoni, ma anche per quelli milano-centrici, è molto diversa e, per certi aspetti, molto più confortevole rispetto a quella che di norma si percepisce in uno studio multi-practice: ovviamente c’è il rovescio della medaglia. I servizi sono quelli che ti sei riuscito a costruire e non certamente quelli che si possono avere con economie di scala per centinaia di professionisti. Diciamo che, se non ti dai una mano, nessuno è lì pronto ad assisterti. Tuttavia, anche nella gestione, per esempio della comunicazione, tutto è più sartoriale, taylor-made direbbero a Londra. È dunque più facile e immediato veicolare un’idea o l’immagine che vuoi dare tu al mercato anziché adeguarti a quella che lo studio ha ritenuto di mostrare. Ovviamente, se non hai certe esigenze, è anche possibile che un modello o l’altro risultino persino indifferenti.
Quali peculiarità e quali potenzialità riscontra nelle sue strategie di business?
Certamente l’essere indipendenti e iper-specializzati consente di divenire un punto di riferimento, anche internazionale, per tutti gli Studi che cercano expertise specializzata come noi nel diritto del lavoro e nel diritto sindacale. È di questi giorni la mia partecipazione a Parigi ad un convegno multilingue organizzato da uno Studio internazionale americano che, non avendo uffici in tutte le giurisdizioni europee, mi ha invitato a far parte del loro panel per una audience davvero globale sul tema dei licenziamenti collettivi e le ristrutturazioni in una dimensione pan-europea. Dubito fortemente che mi avrebbero invitato se fossi stato socio di uno studio legale internazionale o anche solo nazionale ma con aspirazioni “globali”.Come studio indipendente e specializzato abbiamo recuperato, e stiamo recuperando via via sempre più, tutta una serie di possibili liaison con studi legali italiani che non hanno al proprio interno il diritto del lavoro oppure studi stranieri che non hanno uffici periferici nella nostra giurisdizione: entrambi preferiscono affidare la loro clientela a consulenti legali locali indipendenti, onde evitare conflitti deontologici o, peggio, la possibilità che il loro cliente possa essere in un qualche modo “distratto” a favore di altri soggetti. Far parte, poi, di un network internazionale esclusivo, composto da sole boutique giuslavoristiche, certamente aiuta a mantenere la propria presenza nel panorama legale internazionale nonché in associazioni e convegni come IBA, EELA e ABA, ad un livello elevato, tranquillamente alla pari con i dipartimenti di diritto del lavoro di studi legali certamente più globali, composti da centinaia di professionisti.
L’area di specializzazione principale del suo studio è il Diritto del lavoro. Come affronta questo particolare settore nella sua esperienza di Boutique?
Esattamente come sempre fatto, a prescindere dallo studio di cui sono stato socio. In realtà non credo che ci sia un modello di business più vincente di un altro, e dopo 36 anni di carriera forense credo di avere titolo per dirlo. In realtà, il diritto del lavoro e il diritto sindacale, come altre branche del diritto, ad esempio il diritto tributario o di famiglia o ancora penale, sono aree giuridiche estremamente specializzate con propri tribunali e propri giudici. Di conseguenza, non è necessario fare l’avvocato in uno studio caratterizzato in un modo piuttosto che in un altro. Ciò che rende una practice di successo come la nostra è la chimica e l’empatia coi propri soci, la capacità di ricevere referral rispetto al fatto di perderli. Il livello di stima, fiducia ed integrazione con le altre practice di studio. Se ciò non accade, per mille e spesso legittimi motivi, non ha alcun senso la multidisciplinarietà rispetto alla specializzazione. Se di contro tutto gira e funziona a meraviglia, anche lo studio full service può essere un modello di business vincente. Appunto, se…