Nuove direttive sullo smart working: cosa significano per lavoratori e aziende

Il governo Meloni si orienta verso un ritorno alla normalità post-pandemica, e la scadenza dello smart working resta fissata al 31 marzo solo per il settore privato.

Lo smart working per i lavoratori vulnerabili, richiesto dal Movimento 5 Stelle, è stato respinto durante la conversione del decreto Milleproroghe. Il governo Meloni si orienta verso un ritorno alla normalità post-pandemica, e la scadenza dello smart working resta fissata al 31 marzo solo per il settore privato.

Nel settore privato, lo smart working è concesso a:

  • I lavoratori fragili, a condizione che presentino una certificazione medica e svolgano un’attività lavorativa che può essere eseguita da remoto
  • I genitori con figli minori di 14 anni, a patto che entrambi i genitori siano occupati, ovvero che nessuno sia disoccupato o riceva assistenza finanziaria in caso di sospensione o cessazione del lavoro

Nel settore pubblico, non c’è stata nessuna proroga dopo dicembre 2023. Non è stata accolta la richiesta del Movimento 5 Stelle per uno smart working prolungato per i lavoratori fragili. Secondo il Ministro Ciriani non sarebbe necessaria una proroga, in quanto esistono già strumenti di tutela per i lavoratori fragili. Tuttavia, l’uso dello smart working rimane una possibilità su richiesta, non un diritto garantito.

Dal 31 dicembre, anche i lavoratori pubblici e privati “super fragili” hanno perso il diritto allo smart working. Respinta anche la proposta del Movimento 5 Stelle di rendere strutturale lo smart working per i dipendenti vulnerabili e per i genitori di figli con disabilità grave.

Nel settore pubblico, lo smart working sarà concesso solo attraverso contratti individuali per proteggere i lavoratori più a rischio, mentre nel privato gli accordi collettivi aziendali potranno aiutare i lavoratori a bilanciare vita professionale e privata.

Per saperne di più, leggi l’articolo di Trend-online.

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