L’avvocato moderno deve coniugare tradizione e innovazione: passione, sacrificio, e dinamismo si fondono con competenze multidisciplinari e tecnologiche. In questa intervista, l’Avv. Camera esplora i valori della professione, le sfide della giustizia e l’importanza della separazione delle carriere.
1 Avv. Camera, che qualità si devono avere oggi per svolgere la professione di avvocato? Cosa è cambiato rispetto al passato?
L’avvocato moderno non può prescindere da alcuni valori tradizionali, come la passione per lo studio, la capacità di sacrificarsi, il dinamismo e la piena consapevolezza dell’importante ruolo rivestito per garantire il rispetto dei diritti costituzionali. Per essere competitivi nell’era moderna, bisogna anche essere consapevoli che è aumentata la concorrenza, e che la globalizzazione comporta inevitabilmente la necessità di ampliare le conoscenze multidisciplinari e di conoscere perfettamente le lingue e le culture straniere.
Per il tipo di cause penali che segue il mio Studio – legate principalmente al mondo dell’economia, della finanza e dell’industria – bisogna conoscere bene anche diverse discipline extrapenali ed essere capaci di relazionarsi con persone altamente qualificate sotto il profilo tecnico, che però fanno fatica a comprendere i meccanismi della giustizia italiana, spesso percepiti come farraginosi e imprevedibili.
Il valore aggiunto dell’avvocato è perciò quello di rendere semplici concetti e snodi processuali complicati, agevolando le scelte del cliente, nel contempo garantendo alta professionalità e perfetta conoscenza dei tecnicismi quando entra in un’aula di giustizia e prende la parola.
2 L’elemento vincente della sua attività è la versatilità e l’attenzione al cliente. Quali skills, professionali e umane, bisogna avere?
Le competenze professionali che rendono un avvocato un fuoriclasse sono la capacità di rinnovarsi sempre e di essere all’avanguardia nella conoscenza dei cambiamenti che riguardano sia il sistema giudiziario, sia il sistema economico. Pensiamo alle nuove tecnologie: il loro apporto è formidabile: chi le rifiuta è destinato a rimanere indietro, mentre chi punta a impiegarle governandole è destinato a rivestire un ruolo di primo piano, sia dal punto di vista dell’affermazione personale, sia della tutela del diritto di difesa.
È un tema che ho sviluppato quando, lo scorso marzo, sono stato audito dalla Commissione Giustizia del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle implicazioni per la giustizia penale dell’intelligenza artificiale: nell’audizione ho infatti proposto concrete possibilità di impiego dell’AI che potrebbero migliorare il sistema penale.
Penso, inoltre, che il bravo avvocato deve avere sempre forte consapevolezza del fatto che il suo cliente gli ha messo nelle mani la propria vita. Dunque le scelte difensive devono essere il frutto di grande ponderazione, coraggio, senso di responsabilità e forte capacità empatica.
3 Oggi si parla molto di Riforma della Giustizia e della separazione delle carriere. Lei cosa ne pensa?
Sono da sempre un sostenitore della separazione delle carriere, perché ritengo che potrebbe essere una soluzione che rafforza l’indipendenza e la terzietà del giudice. Si tratta di requisiti previsti direttamente dalla Costituzione, che l’attuale sistema – in cui il pubblico ministero è un collega di carriera del giudice – non garantisce sempre. L’unicità delle carriere, infatti, si riverbera anche sull’unicità del Consiglio della magistratura, che decide delle promozioni sia dei pubblici ministeri, sia dei giudici.
I componenti del CSM che provengono dal mondo della magistratura – definiti “membri togati” – sono la maggioranza e vengono eletti dai magistrati, senza distinzione tra giudicanti e requirenti. In queste competizioni elettorali, un ruolo essenziale nella raccolta del consenso lo hanno le correnti dell’Associazione nazionale magistrati (ANM), che poi influenzano anche il lavoro degli eletti al Consiglio Superiore, come ha dimostrato il caso Palamara.
Questo sistema non crea solo un pericolo per l’indipendenza “interna” della magistratura, ma anche per la terzietà del giudice. Pensiamo al caso di un giudice che ambisca ad essere eletto al Consiglio Superiore della Magistratura, e perciò abbia necessità anche dei voti dei pubblici ministeri. Il singolo giudice probabilmente sarà capace di non farsi influenzare: ma è importante – soprattutto agli occhi dei cittadini, quando vengono giudicati – che i giudici non siano solo terzi e imparziali, ma appaiano anche come tali. Altrimenti il rischio è la demonizzazione di un’intera categoria: demonizzazione che va evitata in tutti i modi, visto che la magistratura ha un ruolo cardine nell’architrave costituzionale dello Stato di diritto.
Penso, inoltre, che la giustizia penale necessiti di molti interventi di ampio respiro, con l’ottica di aumentare gli standard di ragionevole durata del processo, allo stesso tempo implementando il sistema delle garanzie, che talvolta vedo soccombere in favore del giustizialismo e del pressapochismo. Bisogna pertanto fare un investimento – anche culturale – sulle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, scacciando le paure e lasciando spazio al coraggio e alla voglia di accettare e vincere le sfide della modernità.