È un momento storico di grandi opportunità per chi si prepara ed è in grado di proporre soluzioni innovative, non solo legali ma anche di mercato. Ne parla la responsabile dell’area Western Europe di Linklaters. Che dice anche…
Avvocato d’affari tra i più noti e richiesti sul mercato italiano, a capo dell’area Western Europe per la law firm Linklaters, ma anche amministratore di diverse società e promotrice di numerose iniziative per la valorizzazione del talento femminile. È un profilo multiforme quello di Claudia Parzani, che emerge da questa chiacchierata con Legal.
[auth href=”https://www.lefonti.legal/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Iniziamo da uno sguardo di mercato. La lunga recessione è ormai alle spalle e i segnali che arrivano dal fronte macro indicano un consolidamento della ripresa, per quanto su ritmi non sostenuti. Nel frattempo molto è cambiato nel mercato con nuove priorità che si affacciano e vecchi filoni di business ormai in declino. Che osa cambia per i grandi studi d’affari?
Se parliamo di dimensione, non vedo cambiamenti importanti. Molti studi hanno dovuto ripensarsi e ridimensionarsi a seguito della crisi e credo la crisi resterà come tipo di cultura, come nuovo stile, come modo di pensare e quindi difficilmente immagino crescite dimensionali importanti. Linklaters è arrivato in Italia tra gli ultimi, nel 2007, e questo ci ha portato a mantenere sempre una crescita ben misurata, coerente, attenta in ogni aspetto, rispettosa delle richieste dei nostri clienti e in linea con le opportunità del nostro mercato.
Guardando in prospettiva, che cosa bisogna attendersi?
Per il futuro vedo studi attenti, pensati, efficienti, rispettosi. Sul fronte business credo che non saranno solo gli studi a cambiare ma anche gli avvocati che popolano gli studi. I clienti cercano avvocati che li affianchino, sempre più capaci di portare al tavolo soluzioni e idee innovative, profondi conoscitori del business, esperti attenti alle insidie non solo legali ma anche del mercato. Quindi in prospettiva studi multi practice di medie dimensioni o boutique specializzate, entrambi popolati da avvocati innovativi e innovatori sempre più vicini ai clienti. Sempre più imprenditori.
Con la ripresa che stenta ad affermarsi, quali sono i principali filoni di business per gli studi legali a livello di practice?
Penso che gli studi non possano privarsi del contenzioso e del fiscale. Sta poi agli avvocati corporate e di finanza sapere trovare il prodotto, la soluzione, la struttura e non innamorarsi di qualcosa che, come abbiamo imparato tutti, passa e certe volte non torna neppure.
I modelli retributivi sono spesso molto differenti tra i vari studi internazionali: nel vostro caso quali schemi seguite? Come valorizzate il talento e fidelizzate i migliori collaboratori?
Il nostro studio ha da sempre scelto una politica di trasparenza nelle retribuzioni e nei percorsi di carriera. I nostri collaboratori percepiscono una retribuzione collegata a fasce di seniority alle quali si accede per anzianità e per merito oltre a una componente variabile. Lavoriamo per dare feedback in modo costruttivo e per ascoltare. Proviamo a migliorarci sempre. Ad adattarci ai cambiamenti e alle richieste di tutti. Siamo innovativi, capaci di ripensarci e di cambiare idea.
Quali sono i percorsi di crescita?
Ai nostri talenti offriamo tutto quello che abbiamo e cerchiamo anche di offrire quello che ci chiedono. Cerchiamo di avere i deal più interessanti. Lavoriamo in team. Offriamo esperienze di secondment. Diamo valore alle diversità. Promuoviamo forme di lavoro innovative come lo smartworking e mettiamo a disposizione spazi dedicati ai nostri figli. Ricerchiamo sempre un ambiente sereno e inclusivo. Per tutti.
Il Financial Times anni fa l’ha indicata come uno tra i 10 legali più innovativi d’Europa. Perché?
Sono stata premiata principalmente grazie all’innovazione tecnica portata nell’esecuzione degli aumenti di capitale e nella modalità di documentare gli stessi e per un progetto chiamato «In the boardroom», strutturato e sviluppato in collaborazione con Valore D (associazione di grandi imprese per la promozione della leadership femminile che ho presieduto fino a giugno 2016) per formare donne di talento che aspiravano a ricoprire la posizione di consigliere di società quotate. Il programma è stato lanciato poco prima dell’entrata in vigore della legge sulle quote di genere (la legge Golfo-Mosca 120/2011) e ha rappresentato un’innovazione sia perché ha dato risposta immediata a una modifica legislativa sia per i contenuti del programma stesso che ha fornito alle donne di talento sia competenze tecniche sia le cosiddette soft skills. Il programma ha formato in tre anni circa 230 donne.
Da sempre è molto attenta alle tematiche legate alla promozione delle pari opportunità tra generi sui luoghi di lavoro. A suo avviso in Italia si sono fatti dei passi in avanti negli ultimi anni?
Stiamo vivendo in un momento storico di grandi opportunità per le donne. Si avverte la necessità di un cambiamento culturale. La società, il mondo del lavoro stanno imparando ad apprezzare che la diversità insieme all’inclusione hanno un grande valore e costituiscono una bella e necessaria possibilità per ampliare le abilità e le competenze, gli stili di leadership e la creatività. Credo in Italia si siano fatti passi in avanti per valorizzare il talento femminile all’interno delle aziende e negli studi legali attraverso policy attente alle esigenze di tutti che facilitino l’accesso al mondo del lavoro e la permanenza delle donne nei posti di lavoro.
Che cosa serve per rompere il soffitto di cristallo e garantire una maggiore partecipazione delle donne ai board aziendali?
Credo sia tempo che le donne non perdano occasione di prendere posto ai blocchi di partenza e correre la gara. Vinceranno o perderanno. Quello che conta sarà aver partecipato, aver mostrato alle altre donne che è tempo di correre, che possiamo vincere anche noi. Non possiamo lamentarci di non aver un posto sul podio se non corriamo. Credo quindi che per le donne possano profilarsi all’orizzonte grandi progetti e potenziali posizioni manageriali e nei board aziendali, ma ognuna di noi deve trovarsi pronta a cogliere le opportunità che potranno presentarsi in futuro.
Quindi qual è il suo invito a chi leggerà quest’intervista?
È tempo di correre ognuna la propria gara. E dare l’esempio alle altre anche con quel senso di responsabilità di chi sa di rappresentare una categoria. Giusto o sbagliato, oggi è così e una donna in certi contesti fa notizia prima di tutto perché è una donna. Attendiamo il giorno in cui il genere non importerà a nessuno e allora saremo arrivati.
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