Mercato in crescita tra incentivi e ostacoli

Se da un lato Pir e credito di imposta agevolano il settore aumentando la liquidità e riducendo le spese fiscali, dall’altro le procedure e i costi elevati rendono la quotazione in Italia ancora troppo complessa. Ne parla Lukas Plattner.

Il mercato dei capitali sta vivendo un momento di grande fermento dal punto di vista legislativo, soprattutto per quanto attiene alle piccole e medie imprese. Il 19 giugno scorso, infatti, è entrato in vigore il tanto atteso credito di imposta, l’agevolazione fi scale prevista dalla Legge di bilancio per il 2018, applicabile sul 50% dei costi di consulenza sostenuti dalle pmi tra il 1° gennaio 2018 e il 31 dicembre 2020.
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Anna Lambiase, amministratrice delegata di Ir Top Consulting, partner equity markets di Borsa Italiana, lo ha definito «il segnale dell’importanza attribuita dal Governo alla crescita del mercato dei capitali per il futuro dell’economia italiana». Prima del credito di imposta, un altro strumento che ha avuto il merito di dare impulso all’economia, sono stati i Piani individuali di risparmio (Pir), ovvero una nuova forma di investimento pensata per incentivare il risparmio nel medio e lungo periodo introdotta con la Legge di bilancio 2017.

I Pir hanno messo il turbo agli investimenti su Aim, attirando l’interesse di nuovi investitori istituzionali e professionali e aumentando la liquidità in circolazione. Stando ai dati trasmessi dall’Osservatorio Aim Italia di Ir Top Consulting, il 2017, infatti, si è chiuso con una raccolta di equity da 1,26 miliardi di euro, in aumento di oltre il 500% rispetto al 2016, con 24 nuove piccole e medie imprese quotate e un dato mediano di raccolta a quota 17,7 milioni. E poi c’è il decreto interministeriale, al vaglio nelle sedi europee, che sancirà le detrazioni fiscali sugli investimenti nelle pmi cosiddette innovative e che permetterà di portare in detrazione sui redditi il 30% di quanto investito e, per le imprese attive nella ricerca e sviluppo, di dare impulso all’industria 4.0. Anche Borsa Italiana sta dando un suo contributo nell’incentivare il mercato con Elite, il programma internazionale nato nel 2012 che dà accesso a forme di finanziamento con l’obiettivo di migliorare la visibilità e l’attrattività delle imprese; esso ha superato quota 800 aziende, di cui più di 500 italiane per oltre 60 miliardi di euro di ricavi.

A fronte, però, di numerosi incentivi governativi che spingono le imprese a quotarsi, in Italia permangono ancora dei grossi limiti che rendono l’ingresso in Borsa piuttosto difficoltoso. Primo fra tutti, la complessità: l’ingresso in Borsa, infatti, si presenta come un’operazione articolata, per l’elevato numero di scelte che l’impresa deve affrontare, per i tempi ristretti di realizzazione, per le stringenti procedure previste dalla normativa, per la quantità di informazioni richieste e per i costi elevati. In che modo, dunque, si possono superare questi vincoli? Qual è il ruolo di Borsa Italiana nel promuovere la quotazione? Cosa distingue l’Italia dagli altri Paesi europei? Partendo da una panoramica del settore in questione, ne ha parlato a Le Fonti Legal, Lukas Plattner, partner di Nctm, esperto di mercato dei capitali. Plattner ha di recente guidato il team che ha assistito Triboo nell’operazione di ammissione alla quotazione delle azioni dell’azienda sul Mercato telematico azionario e Grifal nell’ingresso su Aim; quest’ultima è stata la ventottesima Ipo su Aim Italia in cui Nctm ha agito in qualità di advisor legale.

Qual è l’attuale andamento del mercato dei capitali?

In questo momento storico c’è un approccio molto positivo al mercato. Gli imprenditori hanno capito che ci sono forme di raccolta alternative al credito bancario. A dare impulso al settore e a favorire l’atteggiamento di apertura sono stati numerosi fattori: l’arrivo dei Pir, che hanno portato a 13 miliardi di raccolta; l’aumento degli incentivi per gli investitori; la crescita delle pmi innovative e il credito di imposta per le spese di quotazione. Quest’ultimo è uno strumento ottimale, grazie ai 250.000 euro previsti che possono coprire anche metà dell’investimento per la quotazione. C’è però l’altro lato della medaglia, quello dei numeri e delle previsioni: lo scorso anno il settore ha dato buone soddisfazioni con ben 30 operazioni, un record. Per il 2018 se ne attendevano almeno 50 ma sfortunatamente per adesso non pare che stiamo andando nella direzione auspicata. A causare una battuta di arresto del mercato dei capitali è l’incertezza politica che ha colpito il nostro Paese e che ha generato una certa preoccupazione negli investitori. Il momento sembra ancora propizio proprio perché, dopo tanta attesa, sono arrivati gli incentivi necessari agli investitori e alle imprese e non manca la liquidità anche di lungo termine; ora non ci resta che vedere cosa succede nei prossimi mesi, che saranno cruciali dal punto di vista politico e finanziario.

In concreto, cosa sta succedendo su Mta e Aim?

Per adesso quello che è percepibile è che le operazioni su Mta hanno subito un rallentamento a causa del calo della domanda soprattutto dall’estero. Per ciò che concerne l’Aim, per le operazioni di dimensione maggiore, con 15, 20, 30 milioni di raccolta, bisognerà vedere se la raccolta in Italia sarà sufficiente e alcuni segnali positivi in tale senso vi sono.

Le Spac hanno avuto buoni risultati?

Il successo delle Spac è legato, a mio avviso, ai problemi endemici dell’Italia: siamo il paese con il più alto tasso di fallimento di Ipo sul mercato regolamentato nella Ue. Cosa ha determinato tutto questo? Proprio il successo delle Spac, perché risolvono un problema sostanziale che è quello di andare sul mercato per trovare le risorse; infatti, tramite la forma della Spac i promotori hanno già effettuato la raccolta in sostituzione dell’imprenditore eliminando il rischio di insuccesso. Direi che è una ulteriore alternativa per accedere al mercato del capitale e come tale va vista con estremo riguardo.

Ci sono dei settori industriali che ultimamente si sono avvicinati alla quotazione?

Vediamo molte imprese manifatturiere che stanno arrivando sul mercato, dove erano assenti da molti anni. Le ultime imprese, appartenenti a questo settore industriale, sono state quotate anni fa. D’altra parte continua la forte tendenza di quotare del imprese innovative che dimostrino di aver un valido e robusto piano di crescita e un management di alto livello in grado di affrontare le sfide del mercato.

Da cosa è dipeso questo avvicinamento?

Il cambio di rotta di molti settori industriali nei confronti del mercato dei capitali, è dovuto a fattori culturali: rispetto al passato ci sono tanti imprenditori che si avvicinano alla quotazione con più tranquillità. Hanno cominciato a comprenderne le potenzialità e i vantaggi per il proprio business, mentre per lungo tempo, nella cultura e nella strategia delle imprese, ha prevalso l’idea del mondo finanziario come di un “far west” da cui tenersi alla larga per mancanza di chiarezza e semplificazione. In passato ci si avvicinava alla Borsa con timore, ecco perché è stato per molto tempo un mercato asfittico; basti pensare che negli ultimi 20 anni la media delle aziende che sono circolate in Borsa, tra quelle entranti e quelle uscenti, è di circa 300.

Si è dunque ridotto il gap con i Paesi esteri per quanto riguarda la vicinanza al capital market?

Decisamente sì, stiamo andando nella direzione ormai intrapresa da tempo dai paesi esteri dove la finanza, l’e- quity in Borsa ma anche il debito e ora l’equity crowdfunding, sono viste come delle forme reali di finanziamento delle pmi. In Italia, fino a dieci anni fa non c’era questo atteggiamento, ecco perché siamo ancora molto in ritardo. Bisogna sottolineare, come comprovato da recenti ricerche, che le imprese che sono andate sul mercato hanno avuto risultati più che positivi in termini di margini, ricavi, resilienza, occupazione o accesso al credito. Senza esagerare, posso dire che l’imprenditore è passato dal vedere Borsa con diffidenza, a considerare la quotazione un motivo di orgoglio, perché quotarsi non significa solo raccogliere i capitali, ma anche avere amministratori indipendenti, avere una certificazione di bilancio, avere uno standing diverso come impresa anche nei confronti dei clienti e dei fornitori. In base alla mia esperienza, la più parte degli imprenditori è soddisfatta del passo compiuto, nonostante tutte le difficoltà che la quotazione comporta. E Aim potrebbe anche diventare un mercato di elezione per l’m&a. Il mercato Aim Uk, per esempio, si è sviluppato anche grazie all’attività di merger & ac- quisition che rappresenta spesso una uscita naturale dal mercato per molte imprese.

Cosa ne pensa del programma Elite di Borsa Italiana?

Il programma Elite ha sicuramente un’efficacia per quello che riguarda la cultura di impresa, perché la società si mette in gioco e entra in un programma dove deve dimostrare di avere determinate caratteristiche e concentrarsi su una sofisticata cultura di impresa. Quindi, va accolto con particolare favore e credo che i risultati in termini di networking e crescita delle imprese siano indiscutibili.

“Unione del mercato dei capitali”, a che punto siamo con il progetto comunitario?

Gli sforzi per concretizzare questo progetto sono modesti; per quanto riguarda la regolamentazione in tema di prospetto, che entrerà in vigore il prossimo anno, hanno fatto degli sforzi limitati di semplificazione, ma non sono stati coraggiosi. Il problema, però, non è tanto la semplificazione o la redazione del prospetto ma l’uniformità dei documenti e in questo vediamo differenze importanti da Paese a Paese ove l’Italia forse deve provare a fare un passo avanti per semplificare la mole di informazioni e cercare di rendere i prospetti sempre più semplici e intellegibili a favore di piena comprensione da parte degli investitori retail. Serve semplificazione. In Italia è forse venuto il momento che le autority inizino ad alleggerire le regole relative sia alle tempistiche sia alle procedure per cercare di ridurre i costi e spingere le società a intraprendere il percorso dell’accesso al mercato dei capitali.

Secondo lei come si può superare questa complessità burocratica?

Ciò che mi auguro è che il quadro normativo sia disegnato in maniera tale da agevolare l’accesso al mercato riducendo tempi e costi nonché la permanenza sullo stesso che è stata resa ancora più diffi coltosa con la recente disciplina in tema di informazioni privilegiate (Mar). Per concludere, possiamo affermare che lo scalino di accesso al mercato regolamentato è ancora molto alto.

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