Pianificazione e trasmissione patrimoniale, società semplice e trust: tutti termini che ricorrono quando si parla di wealth management ovvero di gestione della ricchezza. Un’attività, questa, che data la sua complessità richiede un’elevata specializzazione per i consulenti. Perché, dunque, è importante occuparsi di pianificazione patrimoniale? Quali sono i vantaggi? Ne parla Andrea Vasapolli, senior partner di Vasapolli & Associati, intervistato da Le Fonti Tv nel corso della trasmissione “Le interviste di Legal”.
Perché è importante pianificare i patrimoni? Quali sono le opportunità che possono scaturire da questa attività?
Le problematiche inerenti alla pianificazione patrimoniale in senso lato afferiscono principalmente a due filoni: la protezione dei rischi di aggressione patrimoniale e la trasmissione dei patrimoni in sede successoria. Si tratta di due problematiche diverse, ma che spesso vengono affrontate ricorrendo ai medesimi strumenti giuridici ed è per questo motivo che sovente se ne parla congiuntamente. Con riferimento ai rischi di aggressione patrimoniale, i manager e i professionisti si trovano ad operare in un contesto legislativo che li espone a pericoli sempre più significativi.
La responsabilità patrimoniale costituisce una problematica sempre più presente nelle nostre vite: individuarla e affrontarla per tempo consente a un soggetto, in caso di aggressione patrimoniale da parte dell’ordinamento nei confronti dello stesso, di salvaguardare almeno una parte del patrimonio in oggetto. Per fare ciò è necessario che lo stesso sia stato segregato e non risulti quindi aggredibile in sede giudiziaria. L’aspetto fondamentale che è necessario comprendere quando si parla di protezione patrimoniale è che bisogna occuparsene per tempo e non quando è già sorto il problema. Per questo è giusto ragionare in un’ottica di pianificazione preventiva, esattamente come nel caso delle assicurazioni.
La trasmissione del patrimonio riguarda spesso patrimoni complessi e differenziati, per cui non esistono soluzioni standard. È opportuno un approccio di razionalizzazione iniziale: perché occuparsi di pianificazione patrimoniale in termini di trasmissione del patrimonio? Ci sono dei vantaggi? Sì. Uno fra questi riguarda una componente di tipo fiscale: cogliere l’opportunità di effettuare atti gestori di pianificazione della trasmissione patrimoniale sfruttando allo stesso tempo un regime fiscale favorevole è già un buon motivo per occuparsene. Ci sono poi una serie di considerazioni attinenti alla sfera civilistica più che a quella fiscale: la prima è che mantenere unitario un patrimonio familiare in sede successoria crea valore in sé. Il mantenimento unitario è un qualcosa che si scontra con la nostra tradizione giuridica: nel nostro ordinamento esiste un principio che è quello della “successione necessaria”, per cui una certa quota del patrimonio deve essere necessariamente assegnata a taluni eredi. Questo comporta un frazionamento del patrimonio: utilizzare strumenti che consentono agli eredi di partecipare ai benefici del patrimonio mantenuto unitario è di particolare importanza, in special modo per i patrimoni più significativi.
Esistono strumenti giuridici che consentono di scindere la titolarità del patrimonio rispetto a chi ne beneficia. Questi strumenti consentono di veicolare in maniera unitaria il patrimonio in sede successoria, di mantenerlo unitario seppur frazionandone i benefici tra gli aventi diritto. Un altro aspetto importante da considerare nella pianificazione successoria è l’introduzione di strutture giuridiche che, nell’ambito della unitarietà del patrimonio, consentono una più agevole governance dei rapporti familiari.
Per quanto riguarda gli strumenti che il nostro ordinamento giuridico mette a disposizione, quali sono i principali che possiamo utilizzare?
Il nostro ordinamento giuridico ci mette a disposizione molteplici strumenti che vanno dal patto di famiglia al testamento e così via. Questo fascio di strumenti deve essere utilizzato in maniera specifica per le singole esigenze del patrimonio da gestire e del nucleo familiare. Questi strumenti si differenziano per un aspetto: la maggior parte servono a soddisfare una finalità molto limitata. Tra tutti, due strumenti in particolare emergono per essere quelli maggiormente elastici, permettendo di risolvere un maggior numero di esigenze della pianificazione: da un lato abbiamo la società semplice e dall’altro il trust. Si tratta di due strumenti flessibili che consentono di affrontare molteplici problematiche inerenti alla protezione e al passaggio dei patrimoni, ma che presentano complessità giuridiche significative.
La società semplice è, appunto, la più semplice delle società che il nostro ordinamento ci mette a disposizione: si caratterizza per una gestione semplificata (ad esempio non è soggetta agli obblighi di contabilità come le società più strutturate) e consente una redazione di patti sociali molto flessibile. È quindi un veicolo che ha anche un costo di esistenza molto basso e che può essere utilizzato per ottenere i benefici dell’intestazione societaria ad un prezzo basso e con grande flessibilità. Utilizzare la società semplice consente di scindere tra titolarità e potere gestorio.
L’altro strumento di grande importanza nella pianificazione patrimoniale è il trust: rispetto agli altri elementi dell’ordinamento civilistico italiano, il trust consente di perseguire finalità e raggiungere risultati che nessun altro strumento permette. Attraverso questo strumento si traferisce il patrimonio a un soggetto che ne diventa proprietario ma non per il proprio interesse, bensì per quello dei beneficiari. Il trustee è un soggetto che è proprietario del patrimonio ma non può trarre beneficio da questo. È un patrimonio segregato che non è aggredibile dai creditori del trustee. Qual è la ragione di questa segregazione? Si tratta di un patrimonio che viene gestito dal trustee per un disegno programmatico nell’interesse non proprio ma dei beneficiari.
Il trust è dunque un istituto che consente di far fronte a esigenze programmatiche che altri istituti del nostro ordinamento non consentono di soddisfare.
Quali sono i poteri del trustee?
Le leggi regolatrici del trust prevedono poteri peculiari in capo al trustee: tale soggetto ha infatti il potere di attivarsi ma anche il dovere di attivarsi nell’interesse dei beneficiari e risponde anche per il fatto di non essersi attivato. Si tratta di poteri fiduciari estremamente gravosi per il trustee ma allo stesso tempo molto tutelanti per il disponente e i beneficiari.