Il lavoratore in quarantena va retribuito? Ci si può assentare dal lavoro per timore di contagio? E cosa fare se vengono vietati gli spostamenti?
A queste e ad altre domande risponde la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in un vademecum ad hoc per gestire le emergenze di questi giorni, ipotizzando alcune situazioni che potrebbero realizzarsi nel rapporto di lavoro nei territori interessati dal virus.
A CASA PER L’ORDINANZA
Nel caso di assenza a causa dell’ordine della pubblica autorità, che impedisce ai lavoratori di uscire di casa, si realizza, secondo la Fondazione Studi, la sopravvenuta impossibilità a recarsi al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, che resterà, dunque, a casa ma con la retribuzione pagata. Si tratta di uno dei casi, specifica il documento della Fondazione Studi, per i quali è stata richiesta l’emanazione di un provvedimento normativo che preveda la Cassa Integrazione Ordinaria per queste tipologie di eventi.
Un’alternativa, laddove possibile, alla tipologia della prestazione lavorativa può essere rappresentata dalla convenzione di accordi di smart working, disciplinato dalla legge n. 81/2017 che può essere svolto in remoto dal lavoratore subordinato, a prescindere dalla sua presenza presso il luogo di lavoro. Grazie al D.P.C.M. emanato il 23 febbraio 2020 e relativo alle misure da adottare per contenere il contagio nei comuni delle regioni Lombardia e Veneto, non sarà necessario il preventivo accordo scritto fra le parti.
SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ AZIENDALE
Tra le possibili misure di contrasto alla potenziale diffusione del virus rientrano anche le previsioni tendenti a vietare l’accesso in un determinato comune o area geografica, nonché la sospensione delle attività lavorative per le imprese e/o la sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per i lavoratori residenti nel comune o nell’area interessata, anche ove le stesse si svolgano fuori dal comune o dall’area indicata. In questi casi, spiegano i consulenti del lavoro, si verifica l’assoluta indipendenza della impossibilità della prestazione lavorativa dalla volontà del lavoratore, essendo l’azienda stessa impedita dal provvedimento dell’autorità pubblica allo svolgimento della normale attività produttiva. Risulta perciò evidente il permanere del diritto alla retribuzione pur in assenza dello svolgimento della prestazione, rendendosi doveroso anche in questo caso il riconoscimento dell’accesso a trattamenti di Cig, come preannunciato dal Ministro del Lavoro.
IN QUARANTENA OBBLIGATORIA
Questo caso specifico riguarda i lavoratori posti in osservazione, in quanto aventi sintomi riconducibili al virus. Questa ipotesi può comportare l’assenza da parte del lavoratore interessato. In tal caso, specifica il vademecum, il CCNL applicato stabilisce le modalità di gestione dell’evento che, comunque, è assimilabile a tutti i casi di ricovero per altre patologie o interventi. Non c’è dubbio che il lavoratore che non può essere presente sul luogo di lavoro in conseguenza dell’applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva sarà considerato assente “per malattia”, con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro.
IN QUARANTENA VOLONTARIA
La decisione di adottare, nelle more della decisione dell’autorità pubblica, un comportamento di quarantena “volontaria” (per ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico o anche in ragione del contatto con soggetti ricadenti nelle condizioni previste), può rappresentare, secondo la Fondazione Studi, un comportamento “di oggettiva prudenza”, rispondente alle prescrizioni della normativa d’urgenza, e disciplinato conseguentemente come per le astensioni dalla prestazione lavorativa obbligate dal provvedimento amministrativo.
ASSENTI PER PAURA DI CONTAGIO
Nel caso di assenza autodeterminata da parte di lavoratori che ritengono il fenomeno dell’epidemia sufficiente di per sé a giustificare l’assenza dal lavoro, pur non sussistendo provvedimenti di Pubbliche Autorità che impediscano la libera circolazione, non consente di riconoscere la giustificazione della decisione e la legittimità del rifiuto della prestazione. In tal caso, concludono i consulenti del lavoro, si realizza l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione da cui possono scaturire provvedimenti disciplinari che possono portare anche al licenziamento.
Il vademecum della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro