Il Tar Milano ha accolto il ricorso proposto da Santi Delia per una nota società di facility management meneghina titolare di importanti commesse pubbliche e private a livello nazionale.
La questione esaminata dai Giudici Amministrativi è di strettissima attualità trattandosi del primo contenzioso successivo alla riforma del c.d. Durf riguardanti società che hanno attivato operazioni di scissione.
Come è noto, proprio nell’ambito degli appalti pubblici, l’art. 4, comma 1 del D.L. n. 124/2019 ha introdotto l’art. 17 bis D.lgs. n. 241/1997 che prevede una serie di nuovi ed altamente impegnativi perché complessi ed articolati, adempimenti a carico dei committenti, appaltatori e subappaltatori, che però possono essere evitati se sussistono le condizioni previste dal comma 5 dell’anzidetta disposizione.
Tali obblighi, difatti, non trovano applicazione laddove le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici consegnino al committente la certificazione (c.d. Durf Fiscale) messa a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, che attesta la sussistenza dei requisiti di Legge tra i quali l’attività almeno triennale dell’impresa. Secondo l’Agenzia delle Entrate, che a tal fine aveva diramato un’espressa circolare nazionale, tale termine doveva applicarsi anche alle Società nate da procedimenti scissioni societarie nonostante possano dimostrare una continuità dell’attività aziendale.
Il Tar Lombardia, decidendo in fase cautelare il contenzioso comportante compensazioni fiscali da diversi milioni di euro per la Società scissa che rischiava di perdere i propri storici benefici fiscali, ha invece ritenuto che “la scissione è compatibile con la trasmissione dei requisiti necessari ai fini del rilascio del certificato di cui all’art. 17 bis, co. 5 D.lgs. n. 241/1997 se vi è la continuazione dell’attività aziendale”, imponendo un riesame rigido dell’istanza all’Agenzia.