Se da un lato il comparto assicurativo sembra cavalcare il cambiamento e l’innovazione tecnologica con prodotti assicurativi sempre più orientati ai servizi digitali e al welfare sanitario, dall’altro il settore talvolta sembra scontare ancora un approccio conservativo nella gestione di alcune pratiche e scarsa chiarezza nella redazione dei contratti. La pandemia, inoltre, ha messo in evidenza un atteggiamento a volte un pò troppo difensivo di alcune compagnie assicurative: scegliere di ridurre il perimetro della prestazione nel momento di massima emergenza, andando a scapito dei bisogni dei propri clienti. È questa la fotografia scattata da Italo Partenza, fondatore di ITC Law, chiamato a fare il punto sulle novità del settore assicurativo e sul ruolo del consulente nei rapporti con le compagnie.
Quali sono le principali novità che hanno riguardato il settore assicurativo nell’ultimo anno?
A dire il vero, visto da fuori, il settore assicurativo non dà l’immagine di essere nei fatti particolarmente innovativo. È vero che c’è un grande dibattito da anni sul cyber risk, piuttosto che sul rischio catastrofi naturali, ma la sensazione è che poi, di fatto, nelle vicende che riguardano la vita quotidiana di imprese e professionisti vi sia un approccio sostanzialmente difensivo e poco orientato ad una effettiva e reale alleanza volta a risolvere le problematiche quotidiane.
Sono sensazioni, naturalmente, alle quali manca l’oggettività di dati, peraltro difficilissimi da essere raccolti in questo settore. L’esperienza personale, che, come tale, ha inevitabili limiti, è quella di un’offerta di prodotti assicurativi sempre più orientata a servizi digitali (pensiamo alle coperture salute ed al ruolo della telemedicina) cui, però, si affiancano gestioni liquidative che sembrano scontare approcci un po’ più conservativi. È comunque interessante segnalare alcune iniziative nell’ambito delle garanzie legate al welfare sanitario.
Che momento sta attraversando il comparto e quale impatto ha avuto l’emergenza sanitaria?
Non ci occupiamo del mondo retail e dei rischi di massa ma, per quanto riguarda il mondo delle imprese e dei professionisti, mi sembra che l’emergenza sanitaria abbia forse reso ancor più evidente una certa qual contraddittorietà dell’approccio di alcune compagnie di assicurazione: da un lato sono comparsi interessanti prodotti volti a coprire le conseguenze economiche del Covid-19 (sia pure per importi piuttosto modesti), dall’altro non sono mancati casi di arretramento dal rischio, eccependo l’aggravamento dell’alea assicurata nei vari contratti per effetto della pandemia o riducendo il perimetro delle prestazioni inserendo esclusioni ad hoc.
Questo approccio, oltre che giuridicamente infondato, in quanto l’art. 1898 c.c. non lo consente, mi è sembrato sintomatico di una certa difficoltà di taluni assicuratori ad essere al fianco dei propri assicurati, anche nel “momento del bisogno”.
Analoghe considerazioni mi sento di poter svolgere con riferimento al settore dell’assicurazione di responsabilità professionale del personale sanitario, che spesso sconta problematiche interpretative dei contratti sotto il profilo della efficacia temporale della garanzia o del suo rimando ad altri contratti non meglio definiti; è questo un tema particolarmente importante e di rilevanza sociale, che sicuramente non può che investire anche il comparto dell’intermediazione assicurativa.
Qual è il ruolo del consulente legale all’interno del mercato assicurativo?
Credo che il ruolo di un avvocato sia molto più importante di quanto sia effettivamente percepito dal mondo assicurativo. È un dato di fatto che vi è una profonda crisi fra mondo forense e compagnie di assicurazione (ma non solo con loro) con riferimento al tema dell’equo compenso ed a quello di un convenzionamento dei legali fiduciari talmente spinto al ribasso da aver reso necessario un intervento legislativo. Vi è da un lato la tendenza a vedere nel mondo forense la prosecuzione in outsourcing dei processi aziendali e questo, credo, sia un errore.
Il ruolo di un avvocato non è e non può essere quello di un outsourcer o di un fornitore: egli svolge un ruolo fondamentale (di fatto e, a breve si spera, anche di diritto), di grado costituzionale, volto, in assoluta terzietà, anche nei confronti del proprio cliente, a garantire la legittimità e la coerenza del sinallagma contrattuale del contratto di assicurazione fra premio e sicurezza. È compito del legale aiutare le compagnie a innovare prodotti e approcci e a porsi come vigile garanzia dei diritti e della legge. È un compito difficile, ma a ciò credo sia chiamata l’Avvocatura, che mai può adagiarsi alla mera esecuzione di strategie aziendali.
Che tipo di casi avete seguito maggiormente nell’ultimo anno?
Il nostro impegno maggiore in questo periodo ha riguardato il tema dell’assicurazione della responsabilità ambientale. È un argomento cui stiamo dedicando la nostra maggiore attenzione, sia per la possibilità di innovare fornendo all’intero mercato prodotti in grado di dare attuazione ai principi di riparazione primaria, complementare e compensativa propri della direttiva 2004/35 CE e del D.lgs. 152/2006, sia per l’innegabile contenuto sociale ed etico della questione ambientale, convinti che il mondo assicurativo possa, a riguardo, dare un contributo decisivo anche in termini di consulenza e prevenzione, prima ancora che riparazione.
In fondo, nel trattare le problematiche di assicurazione della responsabilità ambientale ci sentiamo molto a nostro agio, avendo ispirato l’attività dello studio al principio di sostenibilità, nella sua accezione economica e sociale. Accanto a questi temi, rimane il core business dello studio, orientato a supportare assicuratori e riassicuratori nella creazione di nuovi prodotti e nella gestione dei sinistri complessi, nonché di consulenza ad imprese e professionisti rispetto ai rischi di responsabilità.