Assolti perché il fatto non sussiste tutti gli imputati del processo per corruzione internazionale Eni Nigeria, che si è concluso ieri davanti al Tribunale di Milano.
Ad assistere gli imputati della multinazionale dell’oil & gas l’Avv. Nerio Diodà per la società, l’Avv. Enrico De Castiglione per Paolo Scaroni (ex CEO), la Prof. Avv. Paola Severino per Claudio Descalzi (CEO in carica), gli Avv. Guido Carlo Alleva e Avv. Giuseppe Fornari per Roberto Casula (ex Direttore regione Africa Sub-sahariana), l’Avv. Federica Rinaldini per Ciro Antonio Pagano (ex MD della controllata nigeriana NAE), con il supporto dello Studio Dentons e dell’Avv. Claudio Giammarino.
Alla difesa della società e degli imputati di Eni ha preso parte anche il dipartimento legale interno, guidato dall’Avv. Stefano Speroni.
La difesa di Eni è stata per un lungo periodo portata avanti anche dal Prof. Carlo Federico Grosso, scomparso nel luglio 2019.
Nel collegio difensivo anche gli Avv. Francesco Mucciarelli e Avv. Bruno Lorenzo Cova per il colosso anglo-olandese Shell, gli Avv. Marco Calleri e Avv. Andrea Rossetti per Malcom Brinded, l’avv. Giuseppe Bianchi per Guy Jonathan Colegate e John Copleston, l’Avv. Chiara Padovani per Peter Robinson, nonché lo Studio Chiomenti con il Prof. Avv. Francesco D’Alessandro, lo Studio AMTF con l’Avv. Gian Filippo Schiaffino e l’Avv. Domenico Franchini.
La Procura aveva chiesto 8 anni per Scaroni e Descalzi, 7 anni e 4 mesi per Casula e 6 anni e 8 mesi per Pagano.
Per le due società 900.000,00 euro di sanzione amministrativa da reato per il Decreto 231, oltre a 1.092.040.000,00 dollari di confisca.
Proprio tale somma, secondo la tesi dell’Accusa, sarebbe stata illecitamente destinata a pubblici ufficiali nigeriani, tra cui il Presidente Jonathan Goodluck, il Ministro del Petrolio Diezani Alison-Madueke e il Ministro della Giustizia Mohammed Bello Adoke, al fine di consentire a Eni e a Shell l’acquisizione dei diritti di esplorazione dell’asset petrolifero denominato OPL245, uno dei blocchi più profittevoli della Nigeria.
La sentenza giunge all’esito di un lungo e intenso dibattimento durato quasi tre anni, che ha consentito di appurare la piena liceità dell’operazione e la totale assenza di accordi corruttivi tra le società petrolifere e i rappresentanti del Governo Nigeriano.