Taglio compensi avvocato del 70%: ecco cosa dice la sentenza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che il compenso di un avvocato può essere ridotto del 70% per cause semplici, ripetitive e con esito negativo, mantenendo il potere discrezionale del giudice nella valutazione.
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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19025-2024, ha chiarito che il compenso di un avvocato può essere ridotto fino al 70%, anche al di sotto dei valori minimi, se le cause trattate non sono particolarmente complicate, risultano ripetitive e hanno esito negativo. Questa decisione sottolinea la discrezionalità del giudice nella determinazione del compenso legale.

Taglio compensi avvocato del 70%

Un avvocato, mediante un ricorso ex art. 702 bis c.p.c., ha richiesto la condanna di una società in amministrazione e custodia giudiziaria al pagamento dei suoi compensi, pari a 86.668,00 euro, al netto degli acconti già ricevuti. L’avvocato affermava di aver patrocinato per la S.r.l. ben 10 procedimenti giudiziari.

La società convenuta ha contestato l’importo richiesto, ma il Tribunale ha accolto parzialmente la domanda dell’avvocato, liquidando un importo di 8.558,95 euro a titolo di onorario, oltre agli accessori.

Il ricorso in Cassazione

Insoddisfatto del giudizio, l’avvocato ha ricorso in Cassazione sollevando cinque motivi di doglianza:

  1. Riduzione del compenso del 70%: L’avvocato lamentava la riduzione del compenso calcolato sulle tariffe minime e poi ridotte del 70%. Sosteneva che le norme del DM n. 27/2018 permettevano una riduzione delle tariffe medie, ma non superiore al 50%.
  2. Calcolo complessivo del compenso: Contestava che il Tribunale avesse effettuato un calcolo complessivo del compenso, invece di considerare ogni procedimento separatamente, obbligandolo così a restituire gli acconti versati e non contestati dalla controparte.
  3. Valutazione delle prove: Disapprovava la mancata valutazione delle prove prodotte relative al valore delle controversie.
  4. Violazione del DM n. 55/2014: Lamentava che il giudice avesse ridotto i compensi del 70% rispetto ai valori minimi, invece di applicare i valori medi e diminuirli eventualmente del 50%.
  5. Omissione di circostanze: Contestava l’omissione di considerazione di alcune circostanze, come la corresponsione di acconti e l’indicazione in parcella delle somme dovute a saldo.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’avvocato basandosi sulla fondatezza del secondo motivo, cassando l’ordinanza e rinviando la causa al Tribunale in diversa composizione per decidere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Poteri discrezionali del giudice nella determinazione del compenso

La Corte ha dichiarato infondato il primo motivo di ricorso, affermando che il giudice ha un potere discrezionale nel determinare il compenso dell’avvocato, purché motivato e conforme alle tariffe professionali. Tale potere include la possibilità di aumentare o ridurre il compenso senza scendere al di sotto dei minimi tariffari.

Il secondo motivo è stato considerato fondato perché i giudici avevano violato il principio secondo cui la liquidazione dei compensi, nel rispetto del DM 55/2014, deve avvenire per ogni fase del giudizio. Inoltre, avevano travalicato i limiti della domanda, visto che l’avvocato aveva richiesto solo la liquidazione delle spettanze relative alla fase decisionale.

Il terzo motivo è stato ritenuto in parte inammissibile e in parte infondato. Il giudice deve verificare l’attività svolta per stabilire se il valore della domanda è un parametro adeguato o se risulta inadeguato. Nel caso in questione, l’avvocato non aveva precisato i termini esatti della controversia.

Il quarto motivo è stato considerato infondato. La versione precedente del DM n. 55/2014 permetteva al giudice di diminuire i valori medi fino al 70% per la fase istruttoria, evitando però di ridurre i compensi fino a renderli simbolici, e richiedendo una motivazione adeguata.

Infine, il quinto motivo è stato giudicato infondato poiché l’omesso esame di elementi istruttori non integra l’omesso esame di un fatto storico. Il Tribunale aveva considerato tutti gli elementi utili, comprese le prestazioni eseguite e gli acconti versati, determinando così correttamente la somma da erogare.

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