Riforme, work life balance, welfare aziendale, gender gap: sono solo alcuni dei punti affrontati da Alessandro Rota Porta, head dello Studio Rota Porta Consulenza del Lavoro, in una riflessione sui fronti aperti e sulle criticità del mercato del lavoro. Tra le priorità per il 2023 ci sono la riduzione del costo del lavoro, la regolamentazione dei contratti a termine, la trasparenza e la riforma del reddito di cittadinanza, mentre il compito dei consulenti sarà quello di affiancare l’impresa in maniera continuativa, soprattutto in questioni di elevata criticità, come la gestione della crisi aziendale.
La Legge di Bilancio per l’anno 2023 è destinata ad avere un significativo impatto sul mercato del lavoro. Quali sono a suo avviso le principali novità e qual è il suo giudizio in merito?
La legge di Bilancio si è mossa lungo una direttrice di sostanziale consolidamento di misure già esistenti: in alcuni casi, attraverso un’opera di potenziamento, si pensi, ad esempio, al pacchetto degli incentivi sulle assunzioni; ovvero di lieve restyling, come nel caso dei congedi parentali.
Da apprezzare, indubbiamente, la conferma del taglio al cuneo contributivo, con l’incremento destinato alle retribuzioni più basse, così come il dimezzamento (per l’anno in corso) del peso dell’aliquota sostituiva sulle somme erogate sotto forma di premi di risultato o di partecipazione agli utili d’impresa.
Quindi, se il giudizio di fondo è positivo, le politiche che riguardano il mercato del lavoro, in chiave prospettica, dovrebbero concentrarsi a rendere strutturali alcuni interventi, per evitare di lasciare le imprese in situazioni di incertezza rispetto alla loro programmazione.
Quanto mai urgente si presenta, soprattutto, un intervento incisivo volto a ridurre il costo del lavoro, attraverso una reale riduzione del cuneo fiscale che resta imprescindibile in un’ottica di recupero di competitività, abbandonando la tendenza di concedere bonus spot che si è consolidata negli ultimi anni.
Quali sono le questioni aperte su cui è ancora atteso un intervento legislativo?
Il nuovo Governo ha annunciato il proprio focus su diverse tematiche di primo piano per il mondo del lavoro: pensiamo alla regolamentazione dei contratti a termine, alla riforma del reddito di cittadinanza o al pacchetto entrato in vigore lo scorso agosto sulla trasparenza dei contratti di lavoro.
Quest’ultimo provvedimento ha causato e sta tuttora portando notevoli appesantimenti burocratici per i professionisti dell’area giulavoristica e per gli uffici del personale: resta, dunque, una priorità riportare questi adempimenti in un contesto di normalità, senza eludere le finalità della norma ma neppure travalicando in modo iniquo quelli che sono stati proprio i principi ispiratori della direttiva europea in materia. Poi, si dovrà, appunto, attendere gli esiti della revisione del reddito di cittadinanza e l’impatto che ne deriverà.
Quale esperto in relazioni sindacali, qual è oggi lo status del dialogo tra le varie parti?
Il periodo pandemico ci ha insegnato quanto importante sia la cooperazione con le organizzazioni sindacali ed i repentini mutamenti del contesto produttivo, causati dagli eventi economici e sociali, richiedono di poter disporre di strumenti efficaci ma, soprattutto, indirizzati a riconoscere il valore del capitale umano. In questa direzione l’attualità impone di puntare sempre più sulla concertazione in tema di work life balance e di welfare aziendale.
Con riferimento al primo istituto, bisogna lavorare per rendere stabili le prassi positive che si sono sviluppate durante il Covid-19, puntando alla creazione di regolamenti e intese volte a contemperare le esigenze dei lavoratori con quelle datoriali, soprattutto per quelle attività che richiedono la presenza fisica in azienda. Rispetto, invece, al tema del welfare, le decisioni assunte dal legislatore nel 2022 volte a salvaguardare il potere di acquisto dei dipendenti, hanno consentito alle aziende di poter investire sulla concessione di benefit, tenendo sotto controllo i costi.
Mancando questo tassello, occorre sedersi ai tavoli con i sindacati e rafforzare le best practices già sviluppate negli ultimi anni, affinché il sistema welfare entri sempre più a far parte delle dotazioni che l’azienda offre ai propri collaboratori, sia in termini di incentivo economico ma, altresì, come strategia di retention.
Quali sfide attenderanno i consulenti del lavoro nel 2023?
Gli eventi a cui abbiamo assistito negli ultimi anni hanno creato situazioni che necessitano più che mai di una presenza fattiva al fianco delle imprese.
Da un lato, la professione richiede di rinnovarsi ogni giorno e di far crescere sempre più il supporto consulenziale day by day; si può tranquillamente affermare come chi si occupi di risorse umane e di tutte le dinamiche connesse, dal payroll all’amministrazione del personale, debba assurgere al ruolo di problem solver, puntando molto su un approccio consulenziale proattivo.
Sotto il profilo più strettamente operativo, resta ancora una coda importante di attività legata alla gestione delle crisi aziendali e un segmento impattante da presidiare potrà essere quello della politiche assunzionali: anche per gli effetti che deriveranno dall’annunciata riforma del reddito di cittadinanza, potrebbero aprirsi interessanti opportunità in fase occupazionale, tese a sfruttare le agevolazioni che verranno messe in campo per i datori di lavoro che ricollocheranno i percettori del nuovo sussidio.
Infatti, nella bozza in circolazione è previsto un pacchetto di sgravi per chi assumerà questi soggetti.
Infine, ma non ultimo in termini di importanza, il tema della parità di genere: spesso si assiste ad operazioni di facciata col solo scopo di marketing; si rivelerà, invece, efficace indirizzare le imprese verso politiche concrete per ridurre il gender gap e arrivare alla certificazione della parità in azienda.