La relazione tra uffici legali e studi continua ad avere un ruolo centrale nella risoluzione delle problematiche in azienda. Nell’ultimo anno il budget destinato alla consulenza esterna non ha subito variazioni significative, ma nei prossimi mesi si concentrerà su settori ad alto contenuto specialistico, come privacy e contrattualistica internazionale.
Alle law firm, però, i general counsel rimproverano la scarsa trasparenza sui costi e l’assenza di reattività alle singole richieste, oltre alla difficoltà di relazionarsi con le posizioni apicali. È quanto emerge dal sondaggio effettuato da Le Fonti Legal, su un campione di oltre 50 direzioni affari legali di multinazionali, chiamate a valutare i servizi offerti dagli studi esterni.
Dall’analisi delle informazioni raccolte si evince che sono tanti i fattori che incidono sul giudizio dell’operato di un consulente esterno e la scelta del migliore non è cosa da poco. Per accaparrarsi il mandato non basta solo aver maturato esperienze pregresse in un settore specifico; il futuro consulente deve essere specializzato, multidisciplinare, dotato di network internazionale, tempestivo e soprattutto “deve risolvere il problema”.
Lo studio legale esterno è passato dall’essere un consulente spot che interviene nella fase patologica del problema, ad agire in maniera preventiva assicurando un coordinamento con il management. E in questo la tecnologia ha giocato un ruolo fondamentale. Ne sono convinti i general counsel che, intervistati da Le Fonti Legal, hanno espresso la loro opinione su come si sta evolvendo il rapporto tra studio e direzione legale e le future sfide di quest’ultima.
Strumenti di selezione del consulente
Andando nel dettaglio del sondaggio, la scelta dello studio legale per l’assistenza nelle operazioni straordinarie passa prevalentemente per due canali su cui si riversano equamente il 50% delle preferenze: beauty contest e referenze. Seguono, con il 25% dei voti, l’esperienza maturata su operazioni analoghe e con l’8,33% le directory legali. Nel caso delle multinazionali è la casa madre a decidere i consulenti esterni. Tra le caratteristiche che più incidono nella scelta, su un punteggio da 1 a 10, i general counsel prediligono la specializzazione nel settore relativo all’operazione di riferimento (8,7 punti su 10), a cui fanno seguito la tariffa (7,7), la multidisciplinarietà dello studio (6,5) e il network internazionale (6).
Criticità del servizio
È stato poi chiesto ai general counsel di indicare le principali difficoltà riscontrate nel rapporto con i consulenti esterni: se la mancanza di trasparenza sulle fee è la maggiore critica, gli intervistati denunciano anche la scarsa reattività alle richieste (4,4) e la difficoltà a gestire le emergenze (4,3). Da non sottovalutare il fatto che alcuni rispondenti trovano complicato coordinarsi con la struttura esterna e relazionarsi con le posizioni apicali degli studi.
Requisiti del consulente
Nella valutazione dell’attività del consulente esterno, il problem solving è il requisito più apprezzato con 8,8 punti su 10, seguito dalla professionalità della risorsa dedicata (8,7). La tempestività di risposta si aggiudica il terzo posto con 8,2 punti, mentre il rapporto tra parcella e attività ottiene 7,7 punti su 10.
Spesa legale
Per il 41,67 per cento dei general counsel la spesa destinata alla consulenza esterna è rimasta invariata, mentre il 33 per cento ne ha visto una riduzione rispetto all’anno precendente. Solo il 25 per cento ha dichiarato un aumento del budget destinato ai servizi esterni.
Settori di consulenza
Stando a quando dichiarato dall’80 per cento dei general counsel, è il contenzioso il settore più “esternalizzato” nell’ultimo anno, seguito da societario e m&a (50%) e bancario (33,3%). Il 25 per cento del campione di intervistati si è rivolto a studi esterni per problematiche di diritto penale e diritto del lavoro, mentre il 16,67 per finanziamenti, ristrutturazioni e tax. Il mercato dei capitali, con solo l’8,33 per cento dei voti, risulta quasi interamente gestito dagli uffici legali interni. Tra gli altri settori segnalati dai rispondenti ci sono l’antitrust e la contrattualistica internazionale. Nei prossimi mesi, per il 58,33 per cento dei general counsel interpellati, la richiesta di consulenza per il litigation aumenterà, mentre si ridurrà quella per societario e penale. In aumento l’assistenza esterna nel labour, nelle ristrutturazioni e nel mercato dei capitali. Infine, il 33,3 per cento dei voti è confluito su settori specialistici come contrattualistica internazionale e privacy.
Studi legali a supporto del business
Nel corso degli anni il rapporto tra le due “entità” legali è cambiato. «Gli studi legali esterni», afferma Antonio Corda, general counsel di Vodafone «in particolare quelli che nel corso del tempo sono diventati punto di riferimento delle direzioni legali in determinate materie e ambiti del diritto, stanno diventando sempre più parte integrante dei team legali interni che si affidano ad essi anche per lavori su cui la direzione legale si limita a sovraintendere l’attività e ad assicurarsi che i rischi legali siano correttamente gestiti lasciando allo studio esterno la gestione operativa. In questa prospettiva, è sempre più importante che gli studi legali conoscano gli obiettivi aziendali e il contesto industriale e commerciale nel quale operano i clienti, pronti a lavorare a diretto supporto di persone del business, che raramente dispongono di competenze giuridiche. Gli studi legali devono essere dunque in grado di fornire supporto in maniera pragmatica e diretta, facilitando l’adozione di decisioni nell’ambito delle policy di gestione del rischio concordate con le direzioni legali».
Secondo Ugo Ettore Di Stefano, Presidente Ugi e Direttore affari legali e societari del Gruppo Mondadori, l’evoluzione del rapporto tra direzione legale e studio legale esterno dipende dall’evoluzione dei tre principali fattori che incidono sul rapporto stesso: «la dimensione dell’azienda e della direzione legale; se l’azienda opera in un business altamente specializzato e regolamentato; l’autorevolezza del direttore legale ed il rapporto di fiducia tra il top management e il direttore legale. Al crescere di questi fattori corrisponde, generalmente, una crescita del ruolo del direttore legale e il legale esterno assume una posizione di “consulente” della direzione. Viceversa, col decrescere degli anzidetti fattori, si assiste per lo più ad una sostituzione, nelle singole vicende, del legale esterno al ruolo della direzione legale».
Impatti della tecnologia
Nel favorire il coordinamento dei processi operativi e la comunicazione con i consulenti esterni, l’evoluzione tecnologica ha avuto un ruolo centrale. Come spiega Corda «la trasformazione digitale è ormai una necessità per le aziende che vogliono rimanere competitive nei sempre più mutevoli scenari di mercato; con l’azienda, anche le direzioni legali sono chiamate a trasformarsi, facendo leva sulle nuove tecnologie per fornire un supporto più veloce ed efficiente: dagli ambiti di document management, ai software di analisi documentale basati su intelligenza artificiale, fino alle piattaforme di collaborazione.
Sarà dunque privilegiato il rapporto con quegli studi che sono pionieri nell’abbracciare queste tecnologie e sono aperti ad un nuovo modo di lavorare. Gli studi legali dovrebbero fare leva sulle nuove tecnologie per diversificare la propria offerta». «Celerità; informalità; trasversalità delle competenze» sono per Di Stefano le conseguenze dirette dell’innovazione tecnologica. «La privacy è uno di quei settori in cui è indispensabile la padronanza delle nuove tecnologie tra direzione legale e studio perché insieme possano adottare soluzioni in tempi rapidi, su processi diversificati e quindi privilegiando un approccio concreto piuttosto che un’impostazione eccessivamente formalistica».
Le sfide future delle direzioni legali
Coordinamento, sinergia, condivisione e comunicazione sono i fattori che determineranno il successo della relazione tra ufficio legale e consulente esterno, oltre all’utilizzo congiunto delle nuove tecnologie. «Sono convinto che un enorme vantaggio competitivo alle aziende (e agli Studi) potrà giungere laddove direzione legale e studio esterno riusciranno ad implementare la condivisione di database, report gestionali, analisi giuridiche e gestionali, integrandosi», afferma Di Stefano; «ovviamente non tutte le direzioni e non tutti gli studi possiedono i requisiti dimensionali e le capacità di investimento per seguire questa strada ma, per chi potrà e vorrà farlo, sono certo che ci saranno grandi benefici e posizioni di leadership, a discapito di chi sarà rimasto fermo senza comprendere il cambiamento».
Per Corda «le direzioni legali, cosi come gli studi, si troveranno a fronteggiare un contesto di business e di mercato sempre più complesso e in rapida evoluzione, nel quale la trasformazione digitale e la continua ricerca di efficienza non devono andare a scapito del presidio del rischio legale. Gli studi devono essere pronti ad utilizzare nuove tecniche di espressione e modalità di interazione con le direzioni legali, rese possibili dalle nuove tecnologie, superando le tradizionali resistenze e affrontando le nuove frontiere della responsabilità professionale».
di Federica Chiezzi