Dopo l’iniziale “raccomandazione” alla applicazione del lavoro agile col DPCM 18 del 10 aprile 2020 e la previsione ultima di un vero diritto alla sua fruizione, riconosciuto dal cosiddetto Decreto rilancio del 19 maggio a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, con almeno un figlio a carico minore di 14 anni, lo smart working riceve tutela in Tribunale.
Risale, in realtà, al 23 aprile 2020 l’Ordinanza con cui il Tribunale di Grosseto a definizione di un procedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. promosso dal lavoratore vittima di esclusione dai programmi di lavoro agile adottati dall’azienda, ha dichiarato l’illegittimità della decisione del datore di lavoro di obbligare il lavoratore a fruire di ferie “anticipate” invece di adibirlo a modalità di lavoro agile.
Nel caso in esame un dipendente con mansioni di addetto al servizio assistenza legale e contenzioso, come tali, quindi, espletabili anche in smart working, lamentava che il datore di lavoro aveva illegittimamente rifiutato di adibirlo al lavoro cd. agile nonostante avrebbe avuto diritto ad essere preferito nell’assegnazione alla modalità di lavoro agile, ai sensi dell’art. 39, co. 2, D.l. 18/2020, in quanto affetto da pregresse patologie croniche polmonari e detta modalità fosse stata già adottata per tutti i colleghi del suo reparto e che avevano determinato il riconoscimento di un’invalidità civile e
Il Giudice evidenziava, da una parte, la compatibilità delle mansioni svolte con il lavoro in modalità agile, attività cosiddetta di backoffice cui è tipicamente estraneo il confronto diretto con il pubblico e, dall’altra, la natura della patologia da cui il dipendente era affetto, patologia polmonare che ne aveva determinato la riduzione anche della capacità di deambulazione e sconsigliava di esporlo a rischi aggiuntivi di contrarre l’infezione da Covid-19.
Concludeva pertanto con l’ordine al datore di lavoro, con effetto immediato, di consentire al ricorrente lo svolgimento delle mansioni contrattuali in modalità di lavoro agile, con l’ulteriore condanna al pagamento di euro 50 al giorno per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
Nel riportato provvedimento il Giudice del Lavoro di Grosseto ha dato piena ed incondizionata applicazione ai provvedimenti emergenziali che in ambito lavoristico sono stati emanati allo scopo di contenere la diffusione del Covid-19, con particolar riguardo alla disposizione dell’art. 39, co. 2, D.L. 18/20, ai sensi del quale “ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81”.
Non solo: il Tribunale di Grosseto ha chiarito, per la prima volta dalla sua introduzione, la vincolatività della normativa emergenziale in materia, affermando, in replica alle contrarie deduzioni di parte datoriale, come “Accertata la sussistenza delle condizioni per ricorrere al lavoro agile, il datore di lavoro non può agire in maniera irragionevolmente o immotivatamente discriminatoria nei confronti di questo o quel lavoratore, tantomeno laddove vi siano titoli di priorità legati a motivi di salute” e ritenendo prive di pregio “argomentazioni o motivazioni che facciano leva sulla circostanza che le previsioni normative emergenziali si siano limitate a mere raccomandazioni o a fare riferimento alla semplice possibilità del ricorso al lavoro agile”.
Del resto pur senza essere imposto in via generale ed indiscriminato il ricorso al lavoro agile è stato reiteratamente raccomandato nel settore del lavoro privato ed addirittura considerato modalità ordinaria di svolgimento della prestazione nella P.A. dall’art. 87 D.L. 18/2020.
E, nella stessa direzione il legislatore ha proseguito con il riconoscimento fino al 31 luglio 2020 (data al momento indicata dalla Delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020 per la cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19) a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, con almeno un figlio a carico minore di 14 anni, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione svolta e che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore.
E, quindi, pur senza escludere rilevanza all’aspetto negoziale di tale modalità di lavoro, rimanendo la sua fonte sempre e comunque l’accordo tra parte datoriale e lavoratore, il leitmotiv degli ultimi interventi normativi in materia è il principio per cui l’esigenza di tutela del lavoratore durante il periodo emergenziale non possa e non debba mai essere sacrificata sull’altare della produttività in tutti i casi in cui la tipologia dell’attività lavorativa consenta il ricorso allo smart working.