Avere delle sedi all’estero è ormai d’obbligo per gli studi legali italiani. Con il rallentamento della crescita economica, infatti, le imprese sono state costrette a superare i confini nazionali e portare i loro interessi in altri paesi, molti dei quali raggiungibili solo attraverso le esportazioni.
Per seguire i clienti in questo percorso, le insegne hanno dovuto attrezzarsi per offrire loro appoggio e consulenza non più solo dall’Italia, ma direttamente in loco. E lo hanno fatto scegliendo diverse modalità: dall’apertura di sedi o desk, a partnership, esclusive o meno, con i principali player del mercato legale locale. Oppure ancora tramite l’adesione a network internazionali. La necessità di rispondere alle richieste dei clienti non è stata l’unica leva che ha spinto le insegne a espandersi all’estero. Molte di esse hanno visto, in specifiche aree del mondo, nuove occasioni di business o di investimento in linea con le proprie practice di punta. Ma al di là delle ragioni e delle strategie dei singoli studi, il processo di internazionalizzazione risulta per tutti un percorso complesso, che affianca alle tradizionali complessità legate alla conoscenza del contesto socio economico, linguistico, culturale del paese straniero, anche tutti quei vincoli normativi e regolamentari che, in alcune aree del mondo, risultano particolarmente limitanti.
A ciò si aggiungono le conseguenze, ancora incerte, che rilevanti processi di natura geopolitica, tra cui la Brexit e la questione dei dazi Usa-Cina, avranno sulle relazioni commerciali internazionali. Per comprendere l’evoluzione del processo di internazionalizzazione nel mercato legale, Le Fonti Legal ha passato in rassegna 15 studi d’affari italiani mappando la loro presenza all’estero. Dalle informazioni raccolte, BonelliErede risulta l’insegna con più sedi all’estero (sette). Seguono Chiomenti e Gop con sei. Grimaldi e Pavia e Ansaldo ne contano quattro, mentre Nctm e Pirola Pennuto Zei tre. Carnelutti, De Berti Jacchia, Legance e Macchi di Cellere Gangemi sono presenti all’estero con due sedi. Chiudono la classifica Cba, Gattai Minoli Agostinelli, Legalitax e Lca con una sede. Sul podio delle città con la più alta presenza di studi italiani d’affari svetta Londra, scelta da nove studi su 15, seguita da Bruxelles (sei su 15) e New York (cinque su 15). Il continente più presidiato è l’Europa che, oltre alle capitali inglese e belga, vede la presenza delle insegne tricolori a Parigi, Barcellona, Monaco, Lugano, Francoforte, Mosca e San Pietroburgo, registrando 23 sedi in totale. Il continente asiatico conta nove sedi, divise tra Shangai (con quattro studi su 15), Hong Kong, Pechino (due su 15) e Tokyo (una sede). A pari merito, con sei studi italiani presenti, ci sono Medio Oriente e Stati Uniti. Con un solo studio, l’Africa si posiziona in coda alla lista.
Strategie di insediamento
In Cba l’investimento nel processo di internazionalizzazione è basato sui rapporti interpersonali: «Crediamo che la parte più importante sia quella di creare solide basi attraverso l’interscambio di conoscenze ed esperienze con i vari studi esteri selezionati, con i quali abbiamo continue interazioni non solo in termini di incarichi, ma di expertise, pubblicazioni, eventi, aggiornamenti e anche relazioni personali», afferma Angelo Bonissoni, managing partner. «Siamo convinti che alla base di ogni rapporto di lavoro funzionante ci sia un rapporto umano ancora più forte, per questo i nostri partners organizzano spesso riunioni in sede o in trasferta con i partners di altri studi». Come spiega Bonissoni, «l’area internazionale dello studio ha predisposto dei foreign desks dedicati a paesi o aree specifiche (Uk and Usa, Francia, Germania, Spagna e Latam, India, Asia, Cina, Russia), ciascuno dei quali è presidiato da professionisti madrelingua o che parlano fluentemente la lingua di riferimento; mensilmente i responsabili dei desk ed il managing partner si riuniscono per scambiarsi idee, progetti e nuove iniziative. Ogni desk è responsabile dello sviluppo di partnership con gli studi nell’area di competenza».
Pavia e Ansaldo punta sui desk quando mira a investimenti inbound e si appoggia a un network di studi esteri: «Così è per i desk Usa, Germania, Medio Oriente e Turchia, Africa sub-sahariana e per il neocostituito desk Cina. In altri contesti, ove abbiamo esperienza, capacità e risorse per assistere direttamente imprese italiane che investono o comunque operano all’estero, abbiamo aperto sedi (Mosca, San Pietroburgo, Tokyo, Barcellona) con professionisti altamente qualificati abilitati in quelle giurisdizioni», specifica Stefano Bianchi, managing partner. Chiomenti ha sviluppato un network non esclusivo con altri tre studi legali: Cuatrecasas in Spagna e Portogallo, Gide in Francia e Gleiss Lutz in Germania; «Insieme, vantando oltre 2000 professionisti in 29 uffici in tutta Europa», dicono Filippo Modulo e Gregorio Consoli, rispettivamente managing partner e partner dello studio, «forniamo un’assistenza integrata ai clienti in complesse operazioni crossborder, progetti internazionali e contenziosi. Tale network si amplia a livello globale attraverso l’affiliazione a Lex Mundi, la principale rete al mondo di studi indipendenti, localizzati in oltre 100 Paesi nel mondo di cui siamo il referente esclusivo per l’Italia».
Legalitax è presente nel network internazionale Telfa, composto da oltre 26 Studi europei, uno per ciascun paese, ed affiliato a USLaw. Come dichiarato dall’insegna, a partire dal mese di aprile è operativo un Italian desk a Dubai in best friendship con lo Studio Kelmer & Partners, una struttura locale che consta oltre 50 professionisti tra avvocati e fiscalisti. «Ciò in quanto Legalitax opera già da qualche anno in area Golfo (Emirati e Arabia Saudita) e quindi necessitava di una sede», spiega Roberto Salin, partner. Grimaldi ha avviato nel 2019 la Grimaldi Alliance, «il network che copre già 9 giurisdizioni e arriverà ad una ventina entro l’anno. Saremo presenti in modo stabile con partner locali già attivi che opereranno in esclusiva con noi sull’Italia. Si tratta del più grande progetto di internazionalizzazione mai avviato da uno studio italiano», dichiara il managing partner Francesco Sciaudone.
Chi, al contrario, non aderisce ad alcun network è Legance: «Lo studio cerca di adottare un approccio concreto e finalizzato a fornire la miglior assistenza al cliente, evitando sovrastrutture di natura essenzialmente cosmetica. Abbiamo un consolidato sistema di relazioni con studi indipendenti di primario standing nelle giurisdizioni che riteniamo rilevanti. I rapporti sono istituzionalmente tenuti attraverso un sistema di country partners dedicati; in due giurisdizioni (Uk e Usa) abbiamo nostri uffici. In un’altra (Cina) data la specificità e rilevanza, abbiamo istituito un desk», spiega Alberto Maggi, managing partner. Gianni Origoni Grippo Cappelli & partners ha investito nell’internazionalizzazione sin dalla sua nascita nel 1988, aprendo, in contemporanea alle sedi di Roma e Milano, quella di New York: «Inoltre abbiamo investito in desk dedicati a specifiche aree geografiche. Oggi Gop conta su 6 sedi estere a New York, Londra, Bruxelles, Abu Dhabi, Hong Kong e Shanghai, e 7 desk riguardanti Africa, Cina, Corea, India, Russia, Turchia e Lussemburgo; fa parte del World Law Group e del World Services Group, due primarie associazioni mondiali di studi legali indipendenti ed è membro di associazioni internazionali come American Chamber of Commerce, British Chamber of Commerce, Indo-Italian Chamber of Commerce di Mumbai, Kotra the Korea Trade-Investment Promotion Agency, Camera di Commercio Italo-Russa (Ccir), Conoscere Eurasia, Promos. Infine partecipiamo da sempre e in maniera costante agli eventi organizzati dall’Iba ed è presente in vari board direttivi e in diversi comitati».
Come scegliere il paese straniero
Numerose sono le valutazioni fatte da uno studio prima di scegliere il paese straniero in cui investire, ma la principale attiene alle possibilità di business. Chiomenti, infatti, come precisato da Modulo e Consoli, ha scelto di aprire sedi nei paesi che possono essere definiti quali hub per la strutturazione e realizzazione di operazioni straordinarie che guardano all’Italia o funzionali alla realizzazione delle stesse per la presenza di Autorità o istituzioni finanziarie, tutti paesi di provenienza dei suoi clienti principali. «Siamo specializzati in corporate m&a e in banking and finance, quindi Londra e New York sono state due scelte naturali. A Bruxelles siamo presenti in virtù del nostro dipartimento di diritto comunitario, internazionale e antitrust. Nel 2007 lo studio ha iniziato lo sviluppo in Asia con l’apertura dell’ufficio a Beijing. L’anno seguente, nell’ottica di rafforzare la presenza in Asia, abbiamo inaugurato le sedi di Shanghai e Hong Kong». La presenza di un rilevante interscambio con l’Italia muove le scelte di Grimaldi, così come l’interesse per gli investitori in prospettiva inbound-outbound è ciò che orienta maggiormente la selezione per Legance. In Pavia e Ansaldo «le scelte sono guidate dalle richieste provenienti dai clienti con cui si è instaurato un rapporto fiduciario, dalle prospettive di sviluppo dell’interscambio commerciale fra l’Italia e i paesi in cui si investe nonché dal successo che si riesca ad avere nel recruitment delle persone che siano un “ponte” fra lo studio e il paese prescelto», sottolinea Bianchi. Per Legalitax nella scelta del paese di riferimento «incide moltissimo la stretta operatività che lo studio ha in loco per via di clienti che già ci operano; quindi certamente il fatto di averci già lavorato, di aver consolidato delle conoscenze e di aver mantenuto delle significative relazioni di carattere professionale e istituzionale», spiega Salin.
Principali ostacoli
«L’internazionalizzazione di uno studio professionale è un processo complesso che richiede tempo, risorse, persone dedicate al progetto e investimenti», sostiene Salin «e serve un progetto specifico con professionisti dedicati che conoscono il paese di riferimento e hanno in loco adeguate relazioni; la presenza, ancorché non permanente, di un professionista di riferimento dello studio in loco, rappresenta un aspetto non irrilevante; i risultati di tale operazione devono essere valutati ovviamente nel lungo termine in quanto non si tratta di investimenti a ritorno immediato». Secondo l’esperienza di Bianchi, in alcuni Paesi per così dire “maturi” la concorrenza è così forte e sofisticata da non rendere conveniente l’apertura di una sede; in altri Paesi, ad esempio India, vi sono divieti e ostacoli normativi all’apertura di branch estere di studi non locali; «la difficoltà principale rimane però quella di trovare persone “ponte” che abbiano una profonda conoscenza delle culture degli ordinamenti in cui operano e nel contempo sappiano integrarsi nello studio divenendone autorevoli rappresentanti in loco», afferma il managing partner. Per Maggi la conoscenza del contesto socioeconomico locale resta la principale complessità, mentre Bonissoni individua l’ostacolo principale nelle differenze culturali: «Ogni paese ha diversi usi e costumi che influenzano il modo di lavorare, l’approccio al cliente nonché il rapporto personale. Proprio per questo motivo è fondamentale avere all’interno dei propri desk professionisti madrelingua che conoscono queste differenze e che sanno come interagire al meglio con i colleghi stranieri».
Secondo Gop «è necessario avere un approccio flessibile e aderente alle caratteristiche del mercato che si intende presidiare. Ostacoli, almeno iniziali, sono legati anche a differenze culturali, linguistiche, professionali e regolamentari, oltre alla concorrenza globale con i colossi anglosassoni, che almeno nelle ex colonie britanniche sono favoriti da fattori linguistici e culturali, non ultima la comune matrice di common law degli ordinamenti». Sciaudone segnala, infine, il rischio paese e le diversità regolatorie: «Per questo lo studio ha scelto i modelli della Grimaldi Alliance, mutuando molto dal trasporto aereo dove da tempo operano i codesharing».
Brexit e rapporto Usa/Cina: gli effetti sui rapporti commerciali
«Non ci attendiamo particolari contraccolpi negativi di Brexit» dice Bianchi «anche se nel medio periodo le conseguenze della frattura all’interno dell’Unione Europea non possono essere sottovalutate. Il rapporto Usa/Cina è la più grande incognita, a nostro avviso, dello scenario globale. Un inasprimento delle tensioni commerciali in atto potrebbe rallentare, ma secondo noi non impedire, le grandi trasformazioni che la crescita cinese sta provocando (ad esempio in tutta l’Asia centrale la Belt & Road Initiative)».
A detta di Bonissoni «la Brexit come la guerra dei dazi doganali, gli embarghi, e la ricerca di nuovi equilibri geopolitici creano delle tensioni sui vari mercati economici e finanziari e delle materie prime in generale, tensioni che necessariamente costituiranno delle opportunità per gli investitori e conseguentemente per gli studi legali. Infatti i fenomeni, quali quelli ricordati, provocheranno delle accelerazioni in tutti i cicli sia nella fase di investimento che di disinvestimento, imponendo una forte attenzione al fine di poter cogliere le varie opportunità». Se per Legalitax non dovrebbero esserci effetti rilevanti nell’area Golfo dove è presente lo studio, secondo Modulo e Consoli si tratta di due vicende molto diverse: «Quello che osserviamo è che la finanza europea sta diventando policentrica. Londra era la capitale indiscussa della finanza europea, mentre ora tante banche e istituzioni finanziarie sono tornate a rafforzare i presidi nei singoli paesi. Allo stesso tempo, il vantaggio accumulato da Londra in questi anni non è destinato a sparire. Londra resterà un centro finanziario importante da cui partiranno molti investimenti per l’Europa e verso altre aree. La nostra presenza a Londra resterà quindi stabile al fine di continuare a servire le istituzioni che continueranno ad operare da lì. Anche le nostre sedi in Usa e in Cina mantengono la loro missione di intercettare gli investimenti che da quei paesi si indirizzano nel nostro Paese». «La complessità dello scenario geopolitico non consente allo stato la formulazione di previsioni», conclude Maggi. A detta di Gop «la Brexit senz’altro sta ridisegnando la geografia dei nuovi centri bancari e finanziari in Europa, in particolare riteniamo che altri paesi, come ad esempio il Lussemburgo, siano destinati a ricoprire un ruolo sempre più centrale per la costituzione e gestione di veicoli di investimento e nell’interesse delle imprese e degli istituti finanziari e assicurativi». Sciaudone associa alla Brexit delle opportunità di crescita per la sede londinese di Grimaldi.
I Paesi con prospettive di crescita
«Continuiamo a vedere una crescita negli Usa, Francia, Germania, Latam e Cina, nei paesi africani e asiatici che si affacciano sul mediterraneo», dichiara Bonissoni, mentre per Chiomenti il flusso di investimenti da New York, Londra e Asia rimarrà centrale ed in aumento nei prossimi anni.
Se per Pavia e Ansaldo la Spagna sta attraversando un periodo estremamente vivace di rilancio della sua economia, Legalitax vede tra i paesi maggiormente in crescita quelli dell’area africana orientale e del Far East, in particolare Filippine, Vietnam, Cina, Malesia, l’area Golfo (Arabia e Emirati). Anche Sciaudone vede prospettive di crescita nel Far East, «oltre a Usa e Balcani, senza dimenticare l’esigenza di presidiare meglio anche stati europei come Polonia e Spagna».
Gop ritiene che per le aziende, i mercati più facilmente raggiungibili sono quelli europei, ovvero Francia, Germania e Spagna, Danimarca e Nord Europa; «molte imprese italiane», aggiunge lo studio, «sono già attive in Cina o guardano con interesse al mercato cinese, che rappresenta l’area con i maggiori tassi di crescita e investimenti sia inbound sia outbound. Al contempo, i principali paesi del Medio Oriente stanno cercando di diversificare la propria economia, ad oggi ancora molto dipendente dal petrolio, e puntano su settori in cui le nostre imprese sono ottimi fornitori (energie rinnovabili, infrastrutture, trasporti, turismo, alberghiero, salute). Ad esempio il Qatar è un mercato con grandi risorse e attirerà capitali italiani. L’area è inoltre un ponte strategico per i flussi commerciali e industriali tra l’Asia Pacifico e l’Africa. Quest’ultima sta diventando sempre più rilevante per lo sviluppo delle aziende italiane, sia per la crescita straordinaria di alcune economie del continente, sia per la posizione geografica dell’Italia. Nei paesi come Libia, Marocco ed Egitto, oltre a quelli dell’Africa Centrale, si stanno aprendo opportunità legate a progetti infrastrutturali». Anche Usa e Canada sono mercati rilevanti per Gop: «Gli Usa rappresentano un mercato estremamente interessante per il sistema Italia: il primo approccio a questo mercato avviene solitamente attraverso l’export, ma in seguito è necessario un impegno anche finanziario a livello locale. Infatti, quello americano è un mercato esigente, che richiede forniture puntuali, un attento servizio al cliente e grande affidabilità. Infine, c’è molto interesse anche per la Russia, nonostante le sanzioni. Mentre in posizione più defilata risulta l’America Latina, per via soprattutto delle diffuse tensioni politiche».
Diversa è la visione di Maggi, che nei prossimi mesi non prevede una variazione del contesto attuale.