La complessità richiede risposte integrate: nasce FHP

Lo scorso 8 marzo, gli studi Fazzini & Partners e Holzmiller & Partners si sono uniti sotto la comune insegna Fazzini Holzmiller & Partners (FHP)

Lo scorso 8 marzo, gli studi Fazzini & Partners, con sede a Firenze, e Holzmiller & Partners, con sede a Milano, si sono uniti sotto la comune insegna Fazzini Holzmiller & Partners (FHP). La nuova firm di advisory raccoglie un’eredità ultradecennale, unendo e ampliando i servizi finora offerti dai due singoli Studi negli ambiti fiscali, aziendali e legali. Attivo sul panorama nazionale e internazionale, FHP si proietta verso le nuove sfide con una struttura innovativa, che si è già posta importanti obiettivi. Come hanno raccontato a Le Fonti Legal i soci fondatori, Marco Fazzini e Enrico Holzmiller, lo Studio a livello nazionale è pronto a integrare una realtà basata a Milano, con la quale è già in corso un proficuo rapporto, e a consolidare l’expertise nei servizi ESG. Infatti, oltre ad aver già assunto una persona dedicata, è a lavoro per finalizzare una partnership con una società attiva nell’ambito dell’open innovation, al fine di fornire un servizio integrato volto a coprire sia la parte aziendale e fiscale, che quella tecnica. Ma nei progetti di FHP non c’è solo l’Italia. Convinti che «un confronto continuativo con realtà omologhe di altri paesi sia sempre più imprescindibile» i due soci stanno lavorando per finalizzare delle best friendship dirette con studi europei e statunitensi, con alcuni dei quali già esistono relazioni pluriennali.

Tra gli studi legali “puri” è comune assistere a fusioni, lo è meno tra quelli, come i vostri, con prevalente presenza di Dottori Commercialisti. Come mai?
Marco Fazzini: Gli studi legali, da oltre 20 anni, sono promotori di fusioni, scissioni, acquisizioni, talvolta anche di rilevante dimensione. Molte delle grandi firms legali si sono sviluppate per linee esterne grazie ad aggregazioni, che con la pandemia hanno subito addirittura un’accelerazione. A mio modo di vedere le motivazioni che hanno favorito questo processo sono sostanzialmente due. Anzitutto gli avvocati sono da sempre abituati a coprire aree di gioco definite: civile, penale, amministrativo, tributario, etc., solo per limitarsi ad alcune macrocategorie. Le aggregazioni consentono di mettere a fattor comune competenze differenziate e fornire un’assistenza integrata. In secondo luogo, la pressione derivante dalla presenza di studi internazionali ha imposto una crescita dimensionale volta a sostenere la competitività in termini di servizi offerti e di copertura territoriale.

E i Dottori Commercialisti?
Enrico Holzmiller: I commercialisti provengono da un diverso background. Anzitutto, per lungo tempo, ci è stato richiesto di essere “tuttologi”: esperti di bilancio, di fiscalità, di crisi d’impresa, di revisione, di M&A, etc. Solo la crescente complessità ha favorito, in tempi recenti, una maggiore specializzazione. Questa è stata la molla che ha spinto alcuni professionisti ad intraprendere percorsi di aggregazione finalizzati a “mettere assieme” competenze complementari. Inoltre, per i commercialisti la pressione di studi internazionali è stata meno marcata che per gli avvocati. Questo, almeno fino al recente passato, non ha alimentato la necessità di disporre di una certa “massa critica”.

Oggi cosa sta accadendo?
Marco Fazzini: Lo schema di gioco sta cambiando. Le aree da coprire sono sempre più numerose ed ognuna richiede un livello di specializzazione e di approfondimento che impone un commitment dedicato. Questo significa che uno studio deve non solo disporre di professionisti preparati, ma soprattutto ridisegnare le loro modalità di collaborazione all’interno di teams che siano funzionali a supportare al meglio le esigenze dei clienti. In tal senso la complementarietà gioca un ruolo fondamentale.

FHP infatti non è composta solo da commercialisti
Enrico Holzmiller: Esatto. All’interno dello studio opera anche un pool di avvocati specializzati nel diritto societario e nel diritto tributario. Ormai la complessità richiede risposte integrate e occorre lavorare in modo sinergico. Vi è peraltro da dire che la nostra firm, oltre a supportare i clienti nei consueti adempimenti tributari, vede nella consulenza fiscale ed aziendale il proprio core business. Questa peculiarità, unita alla presenza nel team di avvocati, ci avvicina per certi versi ad un approccio tipico degli studi legali strutturati. Peraltro è frequente che anche negli studi prevalentemente legali vi sia una quota di commercialisti. Oggi i confini tra professioni tendono ad assottigliarsi, in quanto servono competenze variegate e complementari.

Come ha preso forma il progetto di fusione?
Marco Fazzini: Nel nostro caso entrambi gli studi assommavano già competenze variegate al loro interno. Non è stata dunque la “necessità”, se mi passa il termine, a spingerci verso questo passo. La decisione di aggregarci è nata dalla volontà di dare vita ad uno studio “nazionale”, sulla base di una conoscenza consolidata e di una consuetudine lavorativa, che risalgono a più di venti anni or sono. Quando abbiamo iniziato a parlarne è venuto tutto molto naturale, perché, oltre a legami di colleganza e di amicizia, possiamo contare su una stima reciproca, valori condivisi e una storia analoga. In aggiunta, vi è da dire che le due realtà avevano ambiti di consulenza peculiari, che l’unione dei due studi non potrà che enfatizzare. L’aggregazione è stata dunque portata avanti con entusiasmo da tutti i partners. Inoltre, il fatto di essere localizzati in due diverse aree geografiche permette di operare con un più ampio raggio di azione e di assistere più efficacemente la clientela internazionale, che concentra buona parte degli investimenti in Lombardia e in Toscana.

Perché in un momento storico e finanziario certamente complesso avete scelto di unire le forze in un progetto congiunto di consulenza integrata?
Enrico Holzmiller: La professione di dottore commercialista sta attraversando una fase di cambiamenti significativi, non soltanto in Italia, ma anche in altri paesi europei e negli Stati Uniti. Prima la pandemia e a seguire la guerra in Ucraina hanno innescato mutamenti radicali, che si riflettono sugli equilibri sociali, politici ed economici. Tra il 2020 e il 2022 abbiamo assistito ad una frattura importante tra un “prima” e un “dopo”, che ha influito sui modelli di business, sulle strategie di sviluppo, sulle politiche finanziarie, sulla supply chain, sulle scelte di approvvigionamento, sui mercati di sbocco, sulle decisioni e sul timing degli investimenti. In contemporanea vi è stata un’accelerazione della digital economy, che ha interessato anche settori tradizionali e apparentemente più lontani da certe dinamiche. Per non parlare delle forti istanze di sostenibilità, che hanno spinto alcune imprese, e sempre più ne spingeranno, ad aderire a modelli di sviluppo ispirati ad una logica ESG.
In questo scenario il livello della consulenza sta diventando sempre più complesso e interconnesso a livello internazionale. Le risposte di cui hanno bisogno le imprese necessitano di competenze variegate e complementari. E non sto parlando necessariamente delle grandi imprese, ma anche delle piccole e delle medie che si trovano ad operare in un contesto più volatile e competitivo rispetto a quello in cui erano abituate ad interagire fino a pochi anni or sono. Tutto questo sta inevitabilmente cambiando il modo di svolgere la professione e determina una propensione a logiche aggregative che fino a poco tempo fa erano impensabili.

Come è strutturata la nuova realtà e quali ritenete siano i suoi punti di forza?
Marco Fazzini: Come detto, siamo uno studio nazionale, quindi integrato. Non la somma di ciò che esisteva in precedenza, perché uno più uno fa soltanto due. L’obiettivo è far sì che uno più uno dia come risultato tre, o almeno due e mezzo. Ovviamente questo richiede tempo e impegno, ma mi sento di dire che siamo sulla buona strada. Da un punto di vista organizzativo, stiamo ridisegnando le attività per creare teams trasversali specializzati, così da valorizzare al meglio le competenze.
La presenza di oltre trenta professionisti (oltre ad un nutrito staff di supporto), tra cui anche alcuni avvocati, ci permette di affrontare gli incarichi con una visione complementare, assecondando in modo efficace e tempestivo le esigenze dei clienti. Non a caso ci siamo riconosciuti nel motto “your vision, our mission”. Al cliente spetta indicarci dove vuole andare, a noi condurcelo nel rispetto dei principi etici e deontologici, che da sempre sono un faro che accomuna il nostro operato.

In cosa contraddistingue la vostra offerta consulenziale?
Enrico Holzmiller: La risposta giusta dovrebbe essere che ci distinguiamo per assicurare prestazioni di alta qualità, offrendo al cliente la massima dedizione con un servizio personalizzato, eccetera eccetera. Almeno questo è il mantra ricorrente in quasi tutti i siti web. Però vorrei andare un po’ oltre a questo cliché, ormai un po’ logoro. Anche perché credo che, se così è, spetti al cliente dirlo, non al professionista.
Se proprio vogliamo individuare un tratto distintivo nel quale ci riconosciamo, ma per il quale, ben inteso, non abbiamo l’esclusiva, è la serietà. Serietà, anzitutto, nell’aggiornamento: il modo migliore per ridurre il margine di errore è studiare e investire nella formazione di tutta la struttura. Serietà nel presentare al cliente soluzioni rispettose delle norme, evitando e disincentivando le facili scorciatoie che portano poco lontano. Serietà nel rapporto con i collaboratori, cercando di offrire un contesto sereno e valorizzando le competenze.
Serietà nel dare un valore all’azione etica e alla deontologia con i clienti, i colleghi e le istituzioni. Attenzione però! Siamo seri, ma non necessariamente seriosi (ride). Un altro tratto distintivo che a mio avviso va sottolineato è l’organizzazione dei vari team, grazie ad un software di gestione integrato in un sistema di controllo interno.

Come vi posizionate sul mercato?
Marco Fazzini: Dovremmo intenderci rispetto a quali parametri. Diciamo che in termini di numero di professionisti, di varietà di servizi offerti, di complementarietà di profili, di soddisfazione dei clienti e di storicità di presenza sul mercato, abbiamo sicuramente qualche freccia nel nostro arco. Tuttavia, questi appena descritti non li consideriamo un traguardo, ma elementi da cui partire per consolidare un percorso di sviluppo. Crediamo che il posizionamento sul mercato vada al di là di un mero ranking e dipenda non solo da ciò che si è fatto fino ad oggi, ma anche da quello che faremo nel futuro. In altre parole, a nostro avviso, il posizionamento è legato alla capacità di interpretare e reinterpretare i cambiamenti, facendosi trovare pronti per le nuove sfide. La partita che ci interessa non è quella giocata ieri, ma quella che giocheremo domani.

Quali ritenete saranno le nuove frontiere per chi lavora nel vostro settore?
Enrico Holzmiller: L’attività professionale è in evoluzione a ritmi sostenuti. Per far fronte al cambiamento sono necessarie competenze, risorse, flessibilità, capacità interpretativa e, non ultima, una buona dose di curiosità. Vi sono frontiere su cui la società, ancor prima della professione, deve confrontarsi. Ad esempio l’economia digitale in tutte le sue accezioni. Penso all’intelligenza artificiale, che sarà sempre più pervasiva e che già trova un proficuo utilizzo nelle due diligence, nella revisione, nei sistemi di pianificazione e controllo; al metaverso, che sta creando nuovi spazi di interazione per il business; agli NFT, che in alcuni ambiti, ad esempio l’arte, spingono verso una nuova ed inesplorata dimensione il concetto di investimento; per non parlare delle implicazioni fiscali derivanti dalla global minimum corporate tax, che andrà a regolamentare le multinazionali. Un’altra frontiera è quella della sostenibilità e della necessità per le imprese di vedersi riconosciuta una legittimazione sociale attraverso l’applicazione di standard ESG. Il commercialista che “fa di conto” e “calcola le imposte” rischia di restituire un’immagine stereotipata e superata, tanto più in un mondo che cambia a ritmi così sostenuti

Ritenete che ci sarà un cambiamento anche nei settori più tradizionali della professione?
Marco Fazzini: Sì, è un cambiamento già in atto, in parte dovuto all’evoluzione normativa, in parte ai mutati scenari economici e sociali. Ad esempio, il focus che il nuovo codice della crisi dedica al risk management, complice anche una maggiore volatilità generale, sta spingendo molte imprese a dotarsi di adeguati sistemi di pianificazione e controllo. Anche in tema di M&A registriamo un’accelerazione senza precedenti, con aggregazioni che seguono sia logiche finanziarie che industriali. In questo ambito le attività dei commercialisti sono molteplici, dal design dell’operazione nel suo complesso, fino alle attività di supporto, quali valutazioni d’azienda, due diligence, interpelli, etc. L’M&A e l’ingresso in gruppi di maggiore dimensione si accompagnano spesso ad una internazionalizzazione delle imprese, con le implicazioni fiscali che seguono. Nell’ultimo biennio sono aumentate considerevolmente le richieste di assistenza in tema di fiscalità internazionale e di transfer pricing, per il quale abbiamo un team dedicato composto sia da commercialisti che da avvocati tributaristi.

Avete già pianificato o state pianificando investimenti per affrontare queste sfide al meglio?
Enrico Holzmiller: Certamente. Un valore aggiunto derivante dall’aggregazione è anche nella maggiore capacità di investimento. Attenzione, non parlo solo di investimenti in termini finanziari, ma anche di tempo e di capitale umano per dedicarsi a progettualità che altrimenti sarebbe difficile portare avanti. Le faccio un esempio molto semplice e concreto. Oggi è disponibile più o meno gratuitamente una quantità infinita di materiale di aggiornamento. Molti studi pubblicano on line e postano sui social media le proprie circolari, approfondimenti, note, commenti, etc. Lo facciamo anche noi, ovviamente. A un certo punto ci siamo chiesti: in un mondo in cui ci sono più scrittori che lettori, il documento scritto è davvero la forma di comunicazione più efficace? L’esperienza maturata negli anni con vari clienti ci suggerisce di no. Accade spesso che ci approccino con “ho sentito dire che …”, ponendo questioni ampiamente sdoganate nelle circolari trasmesse nelle settimane precedenti. Le persone, rispetto al passato, hanno bisogno di una maggiore sintesi e privilegiano la forma orale a quella scritta. Quindi ci siamo detti: perché non affiancare alla circolare un podcast, in cui si raccontano le stesse cose, ma fruibili in modo più immediato e in momenti anche diversi da quelli solitamente ad esse deputati? Quando ci abbiamo messo testa, abbiamo subito capito che per realizzare un prodotto di standard professionale occorre qualche investimento in tecnologia dedicata, ma soprattutto capacità comunicativa da abbinare a quella professionale. Così è stato creato un team interno che si occupa dello start up e dello sviluppo di questo progetto. Avrà un riscontro? Sarà apprezzato? Troppo presto per dirlo, ma è un esempio di investimento in cui la parte finanziaria è irrilevante rispetto al tempo dedicato, all’impegno e alla volontà di mettersi in gioco. Il vero investimento, a nostro modo di vedere, non è quello di qualche decina di migliaia di euro per i database. Lo facciamo noi, lo fanno altri studi: è necessario, ma diventa una conditio sine qua non. Il vero investimento consiste nel creare un contesto lavorativo che privilegi il pensiero laterale, out of the box.

Come vi immaginate da qui a un anno? Quali obiettivi vi siete posti?
Marco Fazzini: Questo è un anno di consolidamento, sia sul fronte interno che esterno. Sul fronte interno intendiamo affinare la struttura organizzativa, rendendo quanto più fluida possibile l’interazione tra le due sedi. Abbiamo già realizzato – e altri ne abbiamo in programma – eventi a Milano e Firenze in cui tutti i componenti (dai founder partners al front-office) possono incontrarsi per socializzare, scambiare idee e condividere, perché no, anche momenti ludici.
Il principale asset di uno studio, è bene tenerlo a mente, è il capitale umano, che deve essere valorizzato e stimolato. Inoltre abbiamo l’obiettivo di attirare professionisti che possono apportare un valore aggiunto in ambiti che riteniamo strategici.

E sul fronte esterno?
Enrico Holzmiller: Sul fronte esterno, nel corso dei prossimi dodici mesi, abbiamo fondamentalmente tre obiettivi: due a livello nazionale e uno a livello internazionale. Il primo è quello di integrare uno studio basato a Milano, con il quale è già in corso un proficuo rapporto. Ciò permetterà di arricchire la gamma di servizi offerti a beneficio dei clienti. Il secondo obiettivo è un consolidamento del nostro expertise nei servizi ESG. In tal senso abbiamo già assunto una persona dedicata e contiamo di finalizzare una partnership con una società leader nell’ambito dell’open innovation, al fine di fornire un servizio integrato volto a coprire sia la parte aziendale e fiscale, che quella tecnica.
Infine, a livello internazionale, stiamo lavorando per finalizzare delle best friendship dirette con studi europei e statunitensi, con alcuni dei quali già esistono relazioni pluriennali. Riteniamo infatti che un confronto continuativo con realtà omologhe di altri paesi sia sempre più imprescindibile.

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