Qualificare un rapporto di lavoro come subordinato o autonomo è un’operazione che, da sempre, riveste rilevanza non solo giuridica ma anche sociale ed economica. Referente normativo in materia è l’art. 2094 c.c. ai sensi del quale “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”. Secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte, ribadito anche nella recente ordinanza n. 1555/2020, l’elemento essenziale di differenziazione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato consiste nel vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo disciplinare e di controllo del datore di lavoro, da ricercare in base ad un accertamento esclusivamente compiuto sulle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Il controllo può esercitarsi anche sulle assenze del dipendente il quale, se subordinato, è tenuto a comunicare immediatamente la propria indisponibilità, obbligo che invece non ha il lavoratore autonomo. In particolare, mentre la subordinazione implica l’effettivo inserimento del lavoratore nella organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro in maniera continuativa e sistematica mediante la messa a disposizione, a suo favore, delle proprie energie lavorative (operae), nel lavoro autonomo l’oggetto della prestazione è costituito dal risultato dell’attività (opus). Costante è inoltre l’affermazione secondo cui il nomen iuris eventualmente assegnato dalle parti al contratto non è vincolante per il giudice ed è comunque sempre superabile in presenza di effettive, univoche e diverse modalità di adempimento della prestazione (Cass. n.812/1993). Invero, per pervenire alla identificazione della natura del rapporto come autonomo o subordinato, non si può prescindere dalla ricerca della volontà delle parti, dovendosi tra le altre cose tener conto di quanto le stesse hanno voluto nell’esercizio della loro autonomia contrattuale. È doveroso infine sottolineare che il primario parametro distintivo della subordinazione deve essere necessariamente accertato od escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari che il giudice deve individuare in concreto.
Si tratta di elementi come la collaborazione, la continuità nello svolgimento delle prestazioni lavorative , l’osservanza di un orario di lavoro, il pagamento a cadenze periodiche di una retribuzione, il coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, l’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, l’assenza di rischio economico in capo al lavoratore, elementi che, seppur privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indici rivelatori del vincolo di subordinazione ed idonei anche a prevalere, ove incompatibili con l’assetto previsto dalle parti, sull’eventuale volontà contraria manifestata dalle stesse(Cass Civ. n. 9252/2010; n. 9256/2009, n.4500/2007; n. 13858/2009).
A cura di Raffaella Calamandrei, partner di Studio Legale Lombardo