I modelli organizzativi 231 devono tutelare il whistleblower e consentirgli di presentare segnalazioni circostanziate di condotte illecite da parte di colleghi. Per esempio, garantendo con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante. A spiegare, tra l’altro, in che modo la disciplina sul whistleblowing si intreccia con il dlgs 231/01, sono Maria Hilda Schettino e Paolo Peroni, rispettivamente associate e partner di Rödl & Partner.
Quali sono le caratteristiche che deve avere un modello 231 di società italiane che appartengono a gruppi internazionali?
Il gruppo è un insieme di imprese autonome da un punto di vista giuridico-patrimoniale ma collegate sul piano organizzativo. Non essendo un soggetto giuridico, il gruppo di per sé non è inquadrabile tra i destinatari del Decreto 231. In giurisprudenza si è riconosciuta, però, la possibilità di un rischio di risalita della responsabilità da reato all’interno dei gruppi (anche internazionali) nel caso in cui all’interesse o al vantaggio di una società si accompagni anche quello concorrente di altra società del gruppo e l’autore del reato presupposto rivesta ruoli apicali al loro interno, questione che assume particolare rilevanza nei gruppi in cui le società partecipate siano sottoposte ad altrui direzione e coordinamento. I modelli delle società appartenenti ad un gruppo devono dunque rispondere all’esigenza di promuovere la comune politica di prevenzione dei reati che, in caso di gruppi internazionali, terrà conto anche delle normative straniere applicabili.
La normativa sul whistleblowing prevede l’inserimento, nel modello organizzativo, di adeguate tutele per il whistleblower. In che modo vanno predisposte le tutele affinché siano efficaci?
Il fulcro della disciplina del whistleblowing è rappresentato dall’obbligo di includere nei modelli 231 molteplici canali che consentano ai whistleblower di presentare segnalazioni circostanziate di condotte illecite, uno dei quali idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante. Per permettere il corretto funzionamento del sistema, i modelli devono inoltre prevedere il divieto di atti ritorsivi o discriminatori nei confronti del segnalante, stabilendo le eventuali sanzioni disciplinari. In questo contesto, la tutela del segnalante richiede una procedura che disciplini le modalità di invio e gestione della segnalazione e che individui quale destinatario l’OdV.
Che ruolo ricopre l’OdV all’interno di un modello organizzativo che tuteli l’impresa dai nuovi rischi?
Per assicurare all’ente l’esenzione dalla responsabilità ex Decreto 231, l’adozione del modello deve essere accompagnata dalla nomina di un OdV che si occupi di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dello stesso. L’OdV rappresenta la colonna portante del sistema di prevenzione della criminalità di impresa delineato dal Decreto che, pur collocandosi a pieno titolo nelle strutture di controllo societario, se ne distingue per una serie di prerogative del tutto peculiari. L’OdV deve disporre di competenze interdisciplinari ed essere posto in posizione di autonomia e indipendenza rispetto ai vertici aziendali, in modo da poter esercitare liberamente il proprio controllo.