Un nuovo ambito che si aprirà in tema di diritto del lavoro è il licenziamento del dipendente che rifiuta di sottoporsi al vaccino anti-Covid. Di questo e delle principali novità normative del 2020 abbiamo parlato con Manuela Santantonio e Pietro Palumbo, dello studio legale Centonze.
Avvocato Santantonio, quali sono le principali novità normative e criticità emerse nel 2020 relativamente al diritto del lavoro?
La pandemia legata alla diffusione del Covid-19 ha comportato nel settore del lavoro e, quindi, del diritto del lavoro diverse conseguenze nell’anno appena concluso. Tali conseguenze hanno portato il Governo a concentrarsi sulle ricadute che inevitabilmente questa pandemia ha comportato nel settore del lavoro. Dal “blocco dei licenziamenti” ai diversi provvedimenti che hanno predisposto aiuti alle imprese fino alla deroga alla disciplina normativa in materia di contratti a termine. Su quest’ultimo punto, in agosto, il Governo è intervenuto con il D.L. n. 104/20, successivamente convertito con la Legge n.126/20, rendendone possibile la proroga o il rinnovo senza causale fino al 31 dicembre 2020. Ed infatti, il Decreto Dignità aveva reso possibile la proroga del contratto a termine dopo i primi 12 mesi solo in presenza di una delle seguenti causali: esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; esigenze di sostituzione di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. L’art. 8 del D.L. n. 104/20 ha temporaneamente eliminato l’obbligo di indicare una delle causali sopra riportate. Il tutto fino al 31 dicembre 2020. Con l’articolo 1, co. 279, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, il termine del 31 dicembre 2020 è stato prorogato sino al 31 marzo 2021. Da sottolineare che sia la proroga che il rinnovo del contratto a termine sono consentiti entro i termini temporali previsti dalla legge (24 mesi) e per una sola volta.
Avvocato Palumbo, quali saranno a suo avviso le prossime evoluzioni in ottica 2021?
In ambito giuslavoristico è certo che il nostro ordinamento dovrà fronteggiare le conseguenze dell’emergenza pandemica e i suoi effetti sotto il profilo occupazionale. In particolare, nei prossimi mesi si potrebbe presentare un nuovo scenario in tema di obblighi di sicurezza datoriale alla luce dell’avvento del vaccino anti–Covid. È plausibile infatti che l’imminente disponibilità di misure mediche in grado di rendere immuni i lavoratori determinerà la responsabilità del datore in merito alla decisione di allontanare il dipendente che rifiuti di sottoporsi alla vaccinazione. Le misure di prevenzione previste dai Protocolli e la vigilanza in ordine alla loro applicazione, hanno, di fatto, contribuito a integrare gli obblighi a carico del datore di lavoro sostituendosi o comunque integrando la disposizione contenuta all’art. 2087 c.c.. Il licenziamento del dipendente che rifiuta di sottoporsi al vaccino per scelta “ideologica” potrebbe dunque rappresentare una nuova ipotesi di legittimità del recesso datoriale ponendosi a tutti gli effetti quale figura ibrida a metà strada tra il giustificato motivo soggettivo e quello oggettivo.