La ripresa del sistema non può prescindere da nuovi investimenti in grandi opere pubbliche, da incentivi al turnover aziendale e da bonus concreti a favore di pmi e famiglie in stato di necessità. A sostenerlo è Giuseppe Cundari, senior e managing partner dello Studio Legale Cundari.
È passato oltre un anno dallo scoppio dell’epidemia in cui si sono susseguiti diversi interventi emergenziali in materia di diritto del lavoro. Si sono rivelati adeguati per imprese e lavoratori o serve un cambio di passo da parte del nuovo Ministro?
Credo che i provvedimenti emanati dal Governo in soccorso delle imprese e dei lavoratori siano stati non solo inefficaci per la loro inadeguatezza, ma anche del tutto improduttivi. Al di là dei ritardi e delle evidenti insufficienze dei ristori effettivamente versati, si è trattato di mere elargizioni che hanno comportato solo una spesa economicamente passiva. È rimasta l’incertezza del lavoro che, scaduta la sospensione dei licenziamenti, potrà avere conseguenze gravi dal punto di vista sociale, con danni sia di natura patrimoniale, sia, e soprattutto, di natura non patrimoniale. A mio avviso, quindi, il nuovo Ministro dovrebbe avere il coraggio di adottare provvedimenti dirompenti ai quali si è solo accennato solo come ipotesi di scuola. Invero, la sospensione dei licenziamenti, l’assicurazione di una cassa integrazione, peraltro, spesso versata in ritardo e non a tutti, l’assicurazione, solo a pochi, di un reddito minimo mensile, l’assicurazione alle imprese di un ristoro, poi non erogato o erogato in misura irrisoria, rappresentano solo palliativi che non aiutano a risolvere la crisi, trattandosi, come detto, di meri interventi improduttivi e non risolutori.
Quali misure prioritarie dovrebbe mettere in campo il Ministro Orlando per favorire lo sviluppo delle imprese da un lato ed evitare lo scoppio di una crisi sociale dall’altro?
Io suggerirei al Ministro Orlando di adottare quei provvedimenti che appaiono idonei per il superamento dell’emergenza e per un incisivo impulso all’economia del Paese. In particolare, il Governo dovrebbe: 1) realizzare le “grandi opere” così da generare occupazione; 2) agevolare, incentivare e sostenere il “turnover” ovvero il ricambio del personale che per effetto di pensionamento, prepensionamento, dimissioni ed altri eventi di legge e di contratto avviene nelle imprese pubbliche e private; 3) annullare le imposte e le tasse gravanti sulle pmi e sui cittadini relativamente al periodo della pandemia, con rottamazione e/o saldo e stralcio anche di quelle relative ai periodi precedenti; 4) indennizzare adeguatamente le stesse pmi con somme sufficienti a coprire le spese vive sostenute, oltre ad almeno un 30% del reddito medio dichiarato per gli ultimi tre anni, subordinando gli aiuti (di cui ai punti 3 e 4) al mantenimento dei livelli occupazionali; 5) sostenere le famiglie più bisognose con un reddito mensile minimo in base al nucleo familiare e che preveda anche un minimo da destinare ad ogni figlio maggiore di 15 anni non autosufficiente. Le somme occorrenti per finanziare i provvedimenti di natura economica, oltre che con i fondi messi a disposizione dall’Europa, potrebbero ricavarsi con la vendita di buoni di Stato, che ha finora dimostrato di essere un ottimo sistema per ottenere le provviste necessarie. A prima vista i provvedimenti indicati potrebbero sembrare solo capaci di distruggere definitivamente l’economia del nostro Paese e non di supportarla. Se, però, ci si sofferma un momento sugli effetti che potrebbero derivare dai citati provvedimenti non si potrà non considerare che: gli investimenti per la realizzazione delle grandi opere sarebbero produttivi, nel senso che avrebbero positivi riflessi sull’economia e in buona parte rientrerebbero sotto forma di maggiori imposte sul reddito (Irpef) e sul consumo (Iva); le imprese aiutate adeguatamente dallo Stato non procederebbero al licenziamento dei dipendenti ritenuti in esubero a causa della pandemia; i lavoratori collocati in pensione continuerebbero a fare richiesta di beni, immettendo nel circuito economico buona parte del loro reddito, magari fino a quel momento servito per aiutare congiunti disoccupati; i nuovi assunti, prima privi di reddito, potrebbero contare su una retribuzione mensile che utilizzerebbero, in parte, per il consumo di beni, con benefici per l’economia, in parte, per il pagamento delle imposte sul reddito e degli altri oneri comunali, provinciali e regionali; la fiducia nello Stato e nelle Istituzioni accrescerebbe, con tutti i benefici conseguenti riflessi. Oltre, ovviamente, agli altri benefici che, per le limitate possibilità di spazio assegnate, non possono essere adeguatamente esaminate. Concludendo, in un periodo di crisi, come quello che oggi stiamo vivendo, le priorità restano sempre la crescita e l’occupazione.