I numeri pubblicati dall’Istat lo scorso 25 febbraio dimostrano l’inefficacia dei provvedimenti messi in campo per salvare il mercato del lavoro dalla crisi pandemica. Il primo passo per ripartire sarà aiutare le imprese negli investimenti. A spiegarlo è Olimpio Stucchi, managing partner di Uniolex-Stucchi & Partners.
È passato oltre un anno dallo scoppio dell’epidemia in cui si sono susseguiti diversi interventi emergenziali in materia di diritto del lavoro. Si sono rivelati adeguati per imprese e lavoratori o serve un cambio di passo da parte del nuovo Ministro?
Durante questi mesi, per fronteggiare l’emergenza sono stati adottati molteplici interventi normativi in campo lavoristico, i principali dei quali sono stati presi con il Decreto Cura Italia, con il Decreto Rilancio, con il Decreto Agosto (D.L. 104/2020) e, da ultimo,
con il Milleproroghe (D.L. 183/2020). Volendo citare le misure più note, si possono ricordare: l’introduzione di ammortizzatori sociali ordinari e in deroga richiesti per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per Covid-19; l’introduzione del blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo; l’istituzione di misure di conciliazione vita-lavoro; la semplificazione degli adempimenti chiesti per l’attivazione dello smart working e, infine, la possibilità
di prorogare o rinnovare i contratti a termine in assenza delle causali. Per valutare se le misure messe in campo siano state o meno adeguate, può essere utile citare alcune “cifre” che emergono dal Rapporto annuale sul mercato del lavoro, pubblicato dall’Istat lo scorso 25 febbraio 2021: – 3,9 miliardi di ore lavorate nei primi tre trimestri del 2020, +6milioni di lavoratori destinatari della Cassa integrazione guadagni tra marzo e settembre 2020; diminuzione degli occupati (-470 mila); aumento della popolazione inattiva (+621 mila); aumento delle denunzie di infortuni mortali (+18,6% a settembre 2020); riduzione del fatturato nei mesi giugno-ottobre 2020 per il 68,4% delle imprese. Un quadro dai toni cupi che svela l’inadeguatezza delle misure prese con una logica solo emergenziale e priva di visione strategica a lungo termine.
Quali misure prioritarie dovrebbe mettere in campo il Ministro Orlando per favorire lo sviluppo delle imprese da un lato ed evitare lo scoppio di una crisi sociale dall’altro?
Sarebbe prioritario dare una direzione e un futuro al Paese, attraverso un’azione congiunta che veda coinvolto non solo del Ministero del Lavoro, ma anche gli altri dicasteri ricordando che i settori strategici per l’economia nazionale sono tanto quelli dell’industria e dei trasporti, quanto quelli dell’agricoltura, del terziario e del turismo. Dopo un anno di stop
e dispersione di capitali, ogni piano di ricostruzione dovrebbe guardare a due diritti parimenti fondamentali nel nostro ordinamento: quello alla salute (art. 32 Cost.) e quello alla libertà di impresa (art. 41 Cost.).
Per creare le condizioni di una crescita di lungo termine, è necessario restituire libertà alle imprese, eliminando, ad esempio, misure poco competitive e concorrenziali (come il blocco dei licenziamenti o il vincolo sindacale alle garanzie Sace), introducendo invece misure che favoriscano gli investimenti, come la defiscalizzazione, la riduzione del carico contributivo, il taglio del cuneo fiscale, ma anche la semplificazione normativa e la certezza del diritto. Molti degli studi economici pubblicati nelle ultime settimane sono concordi nel ritenere che tra gli effetti della pandemia incidenti in maniera trasversale vi è stata la diffusione delle tecnologie digitali. Questo comporterà una trasformazione dei settori produttivi lungo due direzioni: una interna, con il cambiamento delle gerarchie competitive; una esterna, per cui alcune aziende riusciranno ad espandersi e altre, invece, saranno destinate al declino. In questo scenario, il compito delle istituzioni dovrebbe essere quello di selezionare le imprese, per concentrare risorse in quelle che mostrano prospettive di successo nel lungo termine e per far uscire dal mercato quelle superate dai tempi, mediante procedure concorsuali snelle ed efficienti dal punto di vista dei costi. Da ultimo, come storicamente avviene dopo ogni crisi, occorrerà governare gli effetti dell’esubero occupazionale, attraverso l’incentivazione ad accordi di prepensionamento oppure l’accompagnamento dei lavoratori verso la riqualificazione professionale e il ricollocamento, con una calibrazione delle misure e dei tempi delle incentivazioni finanziarie fondata sull’analisi dei prevedibili effetti nei vari settori e territori.