La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21006/2024, ha fornito importanti chiarimenti riguardo il rapporto tra il reato di stalking (art. 612 bis c.p.) e la contravvenzione di molestie (art. 660 c.p.). Secondo la Suprema Corte, il delitto di atti persecutori non può essere declassato a molestie se la condotta offensiva ha comportato significative alterazioni nella vita della vittima.
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Il delitto di Stalking
L’art. 612 bis del codice penale, che disciplina gli “Atti persecutori”, punisce chiunque, mediante comportamenti reiterati, minaccia o molesta qualcuno causando un persistente e grave stato di ansia o paura, o ingenerando un timore fondato per la propria incolumità o quella di un proprio caro, o costringendo la vittima a modificare le proprie abitudini di vita. Questo reato è caratterizzato dalla necessità di reiterazione delle condotte e dalla loro capacità di causare gravi effetti psicologici sulla vittima.
Il caso specifico
Nel caso in esame, il Tribunale di Milano aveva condannato l’imputato al pagamento di un’ammenda, riqualificando il reato di atti persecutori aggravati dall’odio razziale in una contravvenzione di molestie. Tuttavia, il Procuratore della Repubblica di Busto Arsizio ha impugnato la sentenza, contestando l’errata qualificazione giuridica del reato.
La Procura ha sostenuto che il Tribunale di Milano aveva commesso un errore di diritto nel riqualificare il delitto di stalking in molestie, non valutando adeguatamente le prove raccolte. In particolare, non erano state considerate le dichiarazioni delle vittime, alcune delle quali avevano dovuto cambiare abitazione per sfuggire alle condotte persecutorie dell’imputato. Inoltre, la Procura ha sottolineato la pericolosità del reo, non adeguatamente riconosciuta dal Tribunale.
La Corte di Cassazione, nel suo esame del ricorso, ha preliminarmente chiarito che, quando il Pubblico Ministero propone appello contro una sentenza inappellabile, l’atto di impugnazione deve rispettare i requisiti prescritti dall’art. 606 c.p.p., che devono essere valutati sostanzialmente.
Superata la questione preliminare, la Cassazione ha affrontato il merito del giudizio, ribadendo che il reato di stalking è caratterizzato dalla reiterazione di atti persecutori che, nel loro insieme, creano un accumulo di disagio psicologico nella vittima. Questo stato di prostrazione psicologica può manifestarsi attraverso un grave stato di ansia o paura, un fondato timore per la propria incolumità o la necessità di modificare le proprie abitudini di vita.
Le dichiarazioni delle vittime
La Cassazione ha rilevato che una delle vittime ha dichiarato di vivere con il costante timore di incontrare l’imputato al rientro a casa, di avere paura di uscire e di sentirsi molto a disagio, al punto da dover cambiare abitazione. Le altre vittime hanno riferito di vivere in uno stato di ansia e paura costante a causa delle molestie notturne, tra cui la forzatura della porta d’ingresso di un’abitazione.
La Cassazione ha stabilito che la sentenza del Tribunale di Milano era censurabile per la sua errata riqualificazione giuridica del reato. La differenza tra il delitto di atti persecutori e il reato di molestie risiede nelle diverse conseguenze della condotta. Il delitto di stalking si configura quando le molestie causano un perdurante e grave stato di ansia o alterano le abitudini di vita della vittima, mentre il reato di molestie si limita a infastidire la vittima.
In conclusione, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando il caso al Tribunale di Busto Arsizio per un nuovo giudizio, conformemente agli orientamenti giurisprudenziali che distinguono nettamente tra le fattispecie di stalking e molestie.