Garantire la libertà d’impresa e tutelare la possibilità di ricollocazione dei lavoratori. Per esempio, alzando il valore indennitario della Naspi.
È la ricetta che propone Leonardo Vesci, Socio Fondatore dello Studio Legale Gerardo Vesci & Partners.
È passato oltre un anno dallo scoppio dell’epidemia in cui si sono susseguiti diversi interventi emergenziali in materia di diritto del lavoro. Si sono rivelati adeguati per imprese e lavoratori o serve un cambio di passo da parte del nuovo Ministro?
È stata una fase complessa e sicuramente di non facile soluzione. Anche l’ultimo Decreto Sostegni, pubblicato il 23 marzo scorso, conferma la precedente ricetta ossia congelamento del mercato del lavoro ed utilizzo degli ammortizzatori (peraltro non completamente soddisfacenti e compensativi degli stipendi). Facendo un’analisi di questo primo anno i ritardi talvolta verificatisi nei pagamenti degli ammortizzatori hanno creato alcuni attriti tra le parti spesso creando un’ombra nel rapporto, come se si presumesse una corresponsabilità del datore di lavoro per le pratiche non puntuali (corresponsabilità poi nei casi affrontati spesso non reale). Inoltre in una fase di azzeramento (o quasi) dei ricavi per molte realtà imprenditoriali, i costi del lavoro per le Società non si sono ridotti in modo corrispondente. Ad esempio si considerino gli istituti indiretti retributivi, le anticipazioni per i ritardi della Cassa, recuperabili solo in tempi lunghi, le integrazioni ulteriori rispetto agli ammortizzatori (come noto non in linea con i precedenti stipendi dei lavoratori).
Tutto ciò lasciando insoddisfatti i lavoratori (ritardi, ammortizzatori come detto che di base sono rimasti non equivalenti al precedente stipendio); e lasciando irrisolti i problemi gestionali (visti i divieti), anzi amplificati dalle contrazioni lavorative e da una modifica degli assetti produttivi sempre più digitalizzati e dematerializzati con conseguenti diverse esigenze
di forza lavoro.
Quali misure prioritarie dovrebbe mettere in campo il Ministro Orlando per favorire lo sviluppo delle imprese da un lato ed evitare lo scoppio di una crisi sociale dall’altro?
Non si ritiene siano incompatibili tutele dei singoli, anche maggiorate rispetto a quelle attuali, e libertà di impresa. Quando finirà la fase di congelamento (il Decreto Sostegni pone due date cardine per i diversi settori: 30 giugno e 31 ottobre 2021), si dovrà focalizzare ogni sforzo dello Stato da un lato per tutelare i singoli lavoratori, il loro tenore di vita e le possibilità di ricollocazione ma dall’altro tornare a garantire la libertà di impresa privata, principio costituzionale. Si dovrebbe lavorare sulla tutela del singolo al fine di evitare che tale libertà produca danni sociali corrispondenti e lì deve entrare lo Stato.
Ad esempio si potrebbe alzare il valore economico indennitario della Naspi e destinare quindi fondi all’integrazione dell’indennità di disoccupazione alzando la percentuale al 100% del precedente stipendio (o comunque sino ad una soglia più alta rispetto ai valori attuali) eventualmente aumentandola dai 24 ai 36 mesi successivi all’eventuale perdita del posto di lavoro. Così da un lato permettere l’inizio delle riorganizzazioni aziendali se necessarie, indifferibili ed effettive; dall’altro creare un rapporto ancora più stretto Stato/lavoratore così da salvaguardare il tenore di vita dei lavoratori eventualmente impattati, ipotizzare percorsi formativi/
di riconversione, allargando incentivando e come detto potenziando la Naspi ed ogni forma di indennità di disoccupazione che dovesse esser ipotizzata ed i Centri per l’Impiego ed il percorso di ricollocazione.
Proprio per la centralità della Naspi non bisognerebbe escludere l’indennità di disoccupazione per le risoluzioni consensuali ossia quelle che erroneamente vengono ancora considerate in larga parte fuori dall’area della disoccupazione involontaria.
Prima le risoluzioni consensuali erano con Naspi solo se in sede Itl nell’ambito delle procedure ex art. 7, oggi solo se dentro gli accordi quadro sindacali. Ma in realtà andrebbe liberalizzata l’equazione risoluzione consensuale con esodo – diritto all’indennità di disoccupazione. Questo potrebbe anche influire sulla mobilità nel mercato del lavoro in quanto il raggiungimento di accordi consensuali talvolta viene bloccato dal timore del lavoratore di non ricevere la c.d. indennità di disoccupazione o dai livelli economici e dai parametri attuali della Naspi che potrebbero talvolta non essere sufficienti a coprire la ricerca successiva.